Una cosa semplice sul 25 aprile e sulla spinta ad una pacificazione nazionale (insomma, su ciò che ha detto Cardini)
Anche oggi sfoglando i quotidiani o scrollando i giornali online capita di imbattersi in alcuni interventi che fanno l'eco alla solita polemica sul 25 apile e la celebrazione della liberazione dal nazifascismo. Non ultimo il polverone suscitato dall'intervento del prof. Cardini a La7
In partiolare ha destato scalpore come Cardini abbia difeso i giovani che aderirono alla Repubblica di Salò
Una cosa perciò mi sembra che si debba dire sul 25 aprile: ormai da anni si chiede di raggiungere una pacificazione nazionale, di riconoscere le ragioni dei vinti, di smitizzare la malvagità ontologica dei giovani che aderirono alla Repubblica di Salò. Sia chiaro, in termini storici tutto questo va benissimo, purché a questo riconoscimento corrisponda il riconoscimento delle ragioni dei vincitori, della difficoltà eroica della scelta della clandestinità della resistenza, delle paure, delle miserie che i partigiani dovettero addossarsi per un fine superiore. Ci sarà pacificazione quando si potrà parlare degli orrori dei campi di concentramento italiani in Slovenia senza essere accusati di revisionismo e di lesa maestà nei confronti del sacro mito del confine orientale e della mitologia tragica delle foibe (una verità storica, sia chiaro, ma per la quale si omette sempre di narrare una parte della vicenda, guarda caso, le ragioni e le esperienze altrui, anche in questo caso quelle dei partigiani slavi). Finché il riconoscimento ha da essere unidirezionale, non è pacificazione, è resa.
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