The West Wing, Aaron Sorkin
Fra i pregi della piattaforna on demand Prime Video c'è quello di proporre al grande pubblico italiano serie tv che inspiegabilmente sono passate in sordina tra i nostri canali televisivi. Una di queste è la stupenda serie diretta da Aaron Sorkin The West Wing.
Occorre subito precisare che in realtà Sorkin ha diretto e sceneggiato la serie fino alla quarta stagione, e che quindi le ultime tre stagioni sono passate sotto la direzione di ben altre mani.
Si tratta di una serie corale: protagonista è lo staff del presidente degli Stati Uniti Josiah Bartlet, ovviamente inventato, del partito democratico. Il presidente, premio nobel per l'economia e laureato anche in teologia, guida il paese con un largo consenso, pur avendo il congresso contro perché a maggioranza repubblicana.
Tra lo staff del presidente emergono le figure di Josh Lyman, Leo McGarry, Toby Ziegler, C.J. Cregg, Sam Seaborn, ciascuno portatore di una certa visione dell'America, pur essendo tutti di indiscussa fede democratica. Ugualmente nello staff del presidente entrano anche uomini appartenenti al partito repubblicano, chiamati a servire la propria nazione in momenti di difficoltà o per la realizzazione di politiche bipartisan.
La storia si dipana attraverso i due mandati del presidente, fino alla designazione tramite primarie del suo delfino, Matthew Santos, figura evidentemente ispirata da Barack Obama, e alla sua successiva vittoria.
The West Wing rappresenta la politica non com'è, ma come dovrebbe essere. In questo la serie è decisamente diversa rispetto ad altri e più recenti political drama, come The House Of Cards e Brogen. Nel momento in cui la serie andava in onda negli USA, in realtà il paese veniva fuori dalla caduta rovinosa della gestione Clinton e finiva in mano a Bush Jr. Quindi il presidente Bartlet rappresentava, agli occhi di molti spettatori, quello che i democratici avrebbero dovuto essere e fare, e non erano stati in grado, ma anche un modello di politica accettabile anche da chi, come i repubblicani, erano di fede politica avversa: Bartlet infatti è un presidente che più volte si dimostra degno, preparato, competente, e che ad un certo punto, vista la propria vita privata sconvolta da vicende di terrorismo internazionale, avvalendosi delle prerogative costituzionali affidando temporaneamente il potere al presidente della Cameria dei rappresentanti, membro del partito repubblicano.
Come si diceva, The West Wing rappresenta la politica come dovrebbe essere, ed è in effetti il più "politico" fra i political drama. Non che manchino gli scandali o che la storia non sviluppi anche le vite personali dei personaggi: ma anche quando si scandaglia l'intimo dello staff presidenziale, o anche della vita del presidente, ugualmente gli sceneggiatori usano tali circostanze per discutere di politica, di policy, di bene comune, di idee, di economia, di migrazioni, di guerra e pace nel mondo, di cambiamento climatico.
The West Wing è quindi una serie dannatamente parlata: l'azione è, di fatto, pochissima. Per rendere più dinamica la narrazione quindi Sorkin e il suo staff inventano la tecnica del "walk and talk", per cui, a detta di molti esatta riproduzione della frenesia della Casa Bianca, i personaggi non hanno quasi mai modo di sedersi a discutere prendendosi il tempo di un filosofo: le discussioni dello staff avvengono in piedi, camminando tra un corridoio e l'altro, incrociandosi nella sala ovale, tampinando rappresentanti e senatori al congresso; i protagonisti di The West Wing, pur essendo le più brillanti menti del paesse, sono uomini chiamati a decidere rapidamente a qualsiasi ora. E chiamati a sbagliare, a prendere decisioni anche moralmente controverse, e ad assumersene la resposnabilità di fronte all'opinione pubblica.
Dalla quinta stagione si nota l'assenza di Aaron Sorkin alla direzione: di fatti è proprio questa stagione a mostrare il maggior calo qualitativo. Tuttavia, la decisione di accelerare lo svolgimento degli eventi del secondo mandato presidenziale per affrontare la fine della legilsatura e la ricerca di un nuovo volto per i democratici, permette di mettere in campo anche il dibattito e il confronto con un candidato repubblicano credibile e fuori dagli stereotipi. Più in generale, la serie, pur esprimendo la visione dei democratici, non tratta il partito repubblicano in maniera stereotipata e parodistica, ma ne affronta le ragioni, anche mettendo in luce quando le policies di questo partito, più pragmatiche, risultano nei fatti meglio funzionanti delle utopie democratiche.
Insomma, The West Wing è una serie consigliatissima, pluripremiata (giustamente) e cavallo di battaglia di uno sceneggiatore che di opera in opera mostra la sua bravura al grande pubblico.
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