Il processo ai Chicago 7, Aaron Sorkin
Aaron Sorkin |
La storia, vera, racconta del processo avvenuto nel 1969 contro Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Tom Hayden, Rennie Davis, David Dellinger, Lee Weiner, John Froines e Bobby Seale, accusati di cospirazione contro gli USA per il loro tentativo di organizzare delle manifestazioni di protesta contro la guerrra in Vietnam durante la convention del partito democratico del 1968, a Chicago. Il processo-farsa vedrà la condanna di quasi tutti gli imputati, ma verrà ribaltato in appello. Tuttavia già al primo grado di giudizio, grazie all'azione del team legale della difesa e alle azioni e alle parole degli imputati, emergerà quanto il processo sia in realtà un processo politico con lo scopo di silenziare quella parte di opinione pubblica contraria al conflitto, tacciandola di spirito antipatriottico e antidemocratico.
La mano di Sorkin si vede tutta, in quella che è forse la sua opera più "agita"; malgrado la presenza di forti scene drammatiche che ricostruiscono le violenze della polizia, i personaggi di Sorkin, come nella sua migliore tradizione, sono forse ingenui, ma tutt'altro che stupidi o ignoranti. Idealisti e colti, combattono il sopruso con la consapevolezza delle proprie azioni e una conoscenza della gravità della posta in palio che porterà, nella scena finale, di fronte al giudice che li invita a chiedere clemenza per mitigare una pena già decisa, porterà dicevamo Hayden a leggere di fronte alla corte, alla giuria e ai presenti l'elenco dei quasi 5.000 caduti americani in Vietnam morti solo durante i mesi del processo.
Come si diceva, i protagonisti della vicenda, tutti, sono forse rappresentati come degli ingenui idealisti, ad eccezione di Seale, leader delle pantere nere, e Hoffman, carismatico fricchettone, in grado persino di riconoscere nel procuratore Richard Schultz, a capo dell'accusa, un uomo che stava semplicemente facendo il proprio mestiere, o di citare il Vangelo a memoria per mostrare la potenza della distorisione di un discorso allorché ne vengano estrapolate parti a proprio piacimento.
La figura più sviluppata è però quella di Hayden, l'unico che successivamente farà carriera politica: convinto che le manifestazioni dovranno svolgersi in maniera non violenta per avere una credibilità, finirà suo malgrado per capeggiarle anche durante gli scontri, dovendo alla fine ricredersi e prendere atto che l'unico modo in cui le proprie posizioni potranno essere visibili sarà facendo scorrere il sangue dei manifestanti per tutta la città.
L'amministrazione Nixon, dietro il processo, viene descritta come paranoica e fascista; alcuni poliziotti e parte della procura collusi e violenti, fino al gesto di togliere distintivi e targhette identificative nel momento della carica ai manifestanti.
Fra tutte spicca l'interpretazione di Sacha Baron Cohen nel ruolo di Hoffman, ma il film, corale, brilla per la sua sceneggiatura e per i suoi dialoghi, per la potenza dei dibattiti e dei duelli verbali che mette in scena, nella migliore tradizione di Sorkin.
Commenti
Posta un commento