Due parole per quelli che credono ancora a Babbo Natale



Il M5S non è postideologico, semplicemente perché il postideologismo non esiste. Non esiste sul piano logico e non esiste sul piano politico: sul piano logico perché ogni insieme di credenze è un’ideologia, quindi anche le idee condivise da chi si ritiene postideologico sono, di per sé, parte di un’ideologia; sul piano politico perché la divisione tra progressisti e conservatori, ovvero destra e sinistra, non è roba nata ieri, non è qualcosa che dipende dalla contingenza della fase politica attuale, è qualcosa di connaturato alla costruzione delle società da almeno 2500 anni, insomma da quando abbiamo iniziato a pensare che non esistono solo i legami di sangue, da quando abbiamo iniziato a pensare che le condizioni date non sono per forza le uniche, da quando abbiamo iniziato a pensare che esistano le persone, da quando abbiamo ipotizzato l’esistenza della scienza al di là e oltre la religione, da quando abbiamo concepito i diritti umani, da quando abbiamo messo in discussione l’esistenza delle razze. Insomma, destra e sinistra, nel senso proprio del termine, sono delle categorie che non si eliminano così facilmente dalla tradizione politica occidentale, e non basta dire di non essere di destra o di sinistra per poi non esserlo davvero. C’è di più: tendenzialmente chi dice di essere postideologico lo fa perché sa che le forme della sua cultura politica altrimenti sarebbero catalogate con ben altre categorie, per esempio quelle della destra sociale, molto meno appetibili.

Qui veniamo al punto: gente come Di Maio o Di Battista non è postideologica, è semplicemente di destra. Magari non è la destra salviniana, l’ho detto prima, loro sono ascrivibili alla destra sociale semmai, ma comunque sono più vicini alle posizioni della Lega che a quelle del centro-sinistra.
Cosa intendo per destra sociale? Quello che in genere intendono gli storici, ovvero le posizioni di esponenti politici che, facendo proprie alcune istanze pauperistiche (e talvolta paternalistiche) del socialismo, subordinano le stesse istanze all’esistenza di condizioni di tipo razziale, etnico, meno spesso religioso o culturale. In soldoni, politiche assistenzialiste sotto l’egida del politico buon padre di famiglia, ma solo per alcune categorie sociali (prima gli italiani!) o legate a principi identitari (il reddito di cittadinanza, ovvero un’indennità legata alla disoccupazione e condizionata dall’essere cittadino italiano e dall’essere disposti ad accettare un lavoro fornito dallo Stato) anziché, per esempio, un reddito riconosciuto ad ogni individuo in quanto persona inserita nella comunità a prenscindere dalla cittadinanza.

Ora, l’essere di destra non è mica una colpa, ognuno esprime le posizioni politiche che sente proprie, del resto è anche la storia familiare a condurre a certe scelte politiche, e questo accade anche nel caso dei sopracitati Di Maio e Di Battista, i cui genitori sono stati esponenti di secondo rango del MSI. Insomma, nulla di strano o di male. Basta dirselo e dirlo agli altri.

Così almeno si spiega anche perché per Di Maio e Di Battista sia preferibile stare con Salvini o regalargli l’Italia con il voto anziché provare un governo con il PD.

Semplicemente Salvini è quello che loro vorrebbero essere e non sono riusciti ad essere.

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