Marco Travaglio, il nemico e la fuffa

Di Niccolò Caranti - Own work (also on Flickr), CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10211899
Partiamo dall'ultimo fatto, ovvero la probabile archiviazione dell'inchiesta sulle ONG da parte della procura di Catania.Come detto proprio da Il fatto quotidiano, l'inchiesta spartiacque tra il popolo della sinistra "radical-chic" e Marco Travaglio troverà un largamente anticipato esito che non potrà che essere un nulla di fatto. Eppure, a leggere l'articolo, Travaglio e i suoi non ce la fanno proprio a dire che hanno preso una, l'ennesima, cantonata. Infatti vengono citati fonti e strumenti di tipo militare di cui, in realtà, poi non viene dato reale riscontro, e così, quello che si sapeva già, ovvero che non ci sono prove per la correlazione tra ONG e scafisti, viene da Il fatto comunque sottoposto ad un sospetto immotivato. Non si tratta, tra l'altro, neanche della prima archiviazione: mesi fa la procura antimafia di Palermo aveva sciolto ogni dubbio sul rapporto tra ONG e scafisti.
Il problema è che negli ultimi mesi Travaglio e i suoi, per battere un colpo, hanno deciso di sparare sul nemico che tutti gli Italiani aspettavano, le ONG: distanti, tutto sommato sconosciute organizzazioni che portano gli odiati migranti sulla penisola. Arrivati a questo punto, scoperto che il nemico prescelto funziona, non si può mollare la presa, almeno fino a quando gli introiti de Il fatto continueranno a crescere, malgrado le cialtronate scritte sull'argomento.
Del resto la carriera giornalistica di Travaglio si fonda da sempre sull'individuazione di uno o più nemici (il concetto di avversario gli è estraneo) da massacrare con inchieste giornalistiche che, all'atto pratico, si sono nel 90% dei casi risolte in flop giuridici. Pensiamo a tutte le inchieste su Berlusconi, al fango buttato su Renzi, su Boschi, Madia, fino ora ad arrivare alle ONG. Il problema è che fino a quando Travaglio colpisce chi ci sta antipatico, non ci accorgiamo del suo metodo e del suo modo di fare. Ovviamente Travaglio ha sempre sorvolato sugli esiti delle sue inchieste, perché, anche lì dove le presunte prove si risolvessero in falsi, per Travaglio e i suoi estimatori tra indizio e giudizio di ultimo grado non c'è differenza.
In realtà, al giustizialista Travaglio interessa ben poco l'esito giuridico di quanto porta alla luce (o inventa). Di più, a Travaglio interessa ben poco persino l'accuratezza (si riguardi il suo dibattito con Sallusti a Di martedì, quando non ebbe nulla da obiettare sulle farneticazioni sul concetto di razza da parte del suo collega). Ciò che conta per lui e per chi lo legge è il "noi contro loro", la tracotante supponenza di chi alimenta un sentimento di superiorità morale, soprattutto quando questa superiorità è più immaginata che manifesta. In realtà Travaglio non è mai migliore dei nemici che decide di colpire, che questi siano spregevoli diavoli o candidi santi: giunto allo scontro il bluff del giornalista viene alla luce, le manipolazioni, le falsificazioni, le esagerazioni vengono messe a galla, e quando a farlo non sono delle organizzazioni volontarie, ma esperti di comunicazione come Silvio Berlusconi, l'esito non può che essere disastroso.

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