E questo sarebbe uno statista?
Penso che Matteo Renzi dovrebbe prendere atto del suo fallimento come uomo di stato, pernderne atto, e lasciare la scena politica. Lo dico senza astio, ma da elettore di sinistra e, più ancora, da italiano. Penso che nella vita occorra, di tanto in tanto, fermarsi e ricapitolare, vedere cosa si è fatto bene e in cosa si è sbagliato, tirare le somme, e capire se per quel lavoro che si sta svolgendo si è realmente portati o se si sta prendendo delle cantonate mostruose. Nel secondo caso, per il bene proprio, della propria dignità, e soprattutto per il bene della comunità, sarebbe bene cambiare strada e iniziare a fare altro.
Ecco, se Matteo Renzi osservasse questo suo "stint" da Presidente del Consiglio o, allargando, il suo periodo da segretario del PD, osservasse seriamente e serenamente intendo, non potrebbe non riconoscere come pochi statisti hanno collezionato la sua mole di disastri nella loro storia.
Già a partire dalla sua elezione a segretario, veicolando un linguaggio avventato, quello della rottamazione, l'idea bambinesca dell'innovazione sempre e comunque bella e di un passato sempre e comunque stupido e da buttare perché ottuso. Continuando con la presenza cialtronesca sui media, sui social, uscite irrisorie contro l'avversario, mai rispettato, sempre maltrattato (con una maleducazione comparabile solo ai più beceri grillismi e legihsmi), ocn il cappello sugli "stai sereno" o sui "ciaone", con i silenzi sui "fuori fuori" e sugli insulti del ministro dell'istruzione ai suoi dipendenti, con gli "li asfaltiamo" su quelli che sarebbero degli alleati. Ancora, con una riforma della scuola che ha irriso i dipendenti pubblici che colpiva (per cui questo blog non può essere tacciato di bonaria complicità o sommaria empatia), il clientelismo dei Faraone e dei De Luca accettato come prezzo da pagare per il successo, il compromesso al ribasso sulle unioni civili, la svendita del diritto al lavoro in nome di qualche voucher riguardo all'articolo 18.
Soprattutto, con l'appropriazione indebita del tentativo di riforma costituzionale, tentativo che andava riconosciuto impossibile nelle maniere legittime per una riforma costituzionale, ovvero la massima condivisione possibile; il tentativo invece di cucirsi addosso ad ogni costo il titolo di padre della patria e uomo della speranza, costruendo nel frattempo una impalcatura dello stato che avrebbe consegnato un popolo confuso nelle mani di un potere totalitario. Il tentativo plebiscitario sulla falsariga della Brexit di Cameron, con il risultato di aver rafforzato le ondate populiste nel paese. La pessima gestione della crisi di governo ora, e il colpo definitivo alla stessa esistenza del PD.
Guardando a tutto ciò, come si può rimanere impassibili? Come pensare di accettare nuovamente un incarico da Presidente o di rimanere segretario del partito? Come, se non per un'abnorme vena narcisistica e per un ipertrofico concetto di sé?
Il segretario del PD Matteo Renzi faccia un favore a noi tutti, conduca all'approvazione di una legge elettorale, convochi il congresso del PD e dia le sue dimissioni dalla politica, perché in questo settore ha già fatto troppi danni perché li sopporti una sola generazione.
Ecco, se Matteo Renzi osservasse questo suo "stint" da Presidente del Consiglio o, allargando, il suo periodo da segretario del PD, osservasse seriamente e serenamente intendo, non potrebbe non riconoscere come pochi statisti hanno collezionato la sua mole di disastri nella loro storia.
Già a partire dalla sua elezione a segretario, veicolando un linguaggio avventato, quello della rottamazione, l'idea bambinesca dell'innovazione sempre e comunque bella e di un passato sempre e comunque stupido e da buttare perché ottuso. Continuando con la presenza cialtronesca sui media, sui social, uscite irrisorie contro l'avversario, mai rispettato, sempre maltrattato (con una maleducazione comparabile solo ai più beceri grillismi e legihsmi), ocn il cappello sugli "stai sereno" o sui "ciaone", con i silenzi sui "fuori fuori" e sugli insulti del ministro dell'istruzione ai suoi dipendenti, con gli "li asfaltiamo" su quelli che sarebbero degli alleati. Ancora, con una riforma della scuola che ha irriso i dipendenti pubblici che colpiva (per cui questo blog non può essere tacciato di bonaria complicità o sommaria empatia), il clientelismo dei Faraone e dei De Luca accettato come prezzo da pagare per il successo, il compromesso al ribasso sulle unioni civili, la svendita del diritto al lavoro in nome di qualche voucher riguardo all'articolo 18.
Soprattutto, con l'appropriazione indebita del tentativo di riforma costituzionale, tentativo che andava riconosciuto impossibile nelle maniere legittime per una riforma costituzionale, ovvero la massima condivisione possibile; il tentativo invece di cucirsi addosso ad ogni costo il titolo di padre della patria e uomo della speranza, costruendo nel frattempo una impalcatura dello stato che avrebbe consegnato un popolo confuso nelle mani di un potere totalitario. Il tentativo plebiscitario sulla falsariga della Brexit di Cameron, con il risultato di aver rafforzato le ondate populiste nel paese. La pessima gestione della crisi di governo ora, e il colpo definitivo alla stessa esistenza del PD.
Guardando a tutto ciò, come si può rimanere impassibili? Come pensare di accettare nuovamente un incarico da Presidente o di rimanere segretario del partito? Come, se non per un'abnorme vena narcisistica e per un ipertrofico concetto di sé?
Il segretario del PD Matteo Renzi faccia un favore a noi tutti, conduca all'approvazione di una legge elettorale, convochi il congresso del PD e dia le sue dimissioni dalla politica, perché in questo settore ha già fatto troppi danni perché li sopporti una sola generazione.
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