Chi vince e chi perde con Renzi
Il presidente segretario e uomo della Provvidenza sostiene che sia meglio un partito con pochi iscritti e molti voti che il partito di Bersani e D'Alema. Sarà, ma intanto occorre dirci chiaro e tondo che un partito con pochi iscritti è un partito che non discute, un partito di rassegnati al volere del re. Quello che vuole Renzi, un uomo che non accetta lezioni da nessuno, non sa cosa voglia dire il confronto, capace di proporre la distruzione del vecchio a cui però non sa fare seguito una vera progettazione del nuovo. Ritornano in mente le parole di Barca nelle intercettazioni rubate da La zanzara, quando notava il nulla dietro il progetto politico del segretario del PD. Ascoltare Renzi in direzione è stato fra le cose più patetiche di quest'anno: una captatio benevolentiae con il solito elenco delle cose cominciate, una tirata sull'entusiasmo del cambiamento, l'annuncio della cancellazione dell'articolo 18, piaccia o no. Senza un vero perché, senza reali vantaggi, senza sapere se esistono davvero le coperture per un potenziato welfare. E tutti lì a mugugnare, a discutere del sesso degli angeli, con il solo Civati a porre questioni, inascoltate, di merito. Perché Renzi non sa e non vuole rispondere alle questioni di merito, non l'ha mai fatto, non lo farà, è la sua cifra. Forse non lo vogliamo capire, ma Renzi non è figo perché è giovane e di sinistra, Renzi fa quello di sinistra perché fa figo fra i giovani. Come fa figo fare l'intellettuale underground, aprire case editrici e lasciarle poi per vendere con i colossi, lasciando colleghi e scrittori nella merda, o aprire scuole di scrittura stracolme di debiti che tanto ripianerà l'amico fiorentino. L'importante è essere fighi.
Sia chiaro che l'alternativa non è certo la scimmia urlatrice dei pentastellati o un Berlusconi ormai consumato dagli anni e dal sesso. Alternative, a sinistra, ce ne sarebbero pure, una su tutte, l'asse Civati Vendola, ma Civati non sa essere trascinatore e Vendola è forse ormai troppo compromesso. E intanto siamo passati da un barzellettiere triste ad un guitto paroliere.
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