A che pro cancellare un diritto
Proprio oggi Confindustria ha chiesto al governo di proseguire sulla via per l'abrogazione dell'articolo 18. Questo dovrebbe già di per sé dire tanto. Poi la stessa Confindustria ha severamente escluso la possibilità che il TFR possa finire anticipato nelle buste paga, non perché non servirebbe, ma perché non se ne parla di sganciare una lira, meglio tesaurizzare o investire il denaro dei lavoratori.
Vedete, in questo paese al momento si gioca sulla pelle dei lavoratori, mettendoli gli uni contro gli altri. I tutelati contro i non tutelati, anziani contro giovani. Lo fa il Presidente del consiglio quando urla ai sindacati il suo famoso dove eravate, come se questa questione possa in alcun modo essere rilevante mentre si discute di un diritto che lui vuole abrogare. Si vende fumo, al di là e contro la logica.
Perché l'articolo 18 nasce da un assunto, ovvero che tra i contraenti il contratto di lavoro c'è una disparità di forze in campo talmente grande che lo stato si impegna a difendere il più debole, impedendone il licenziamento se non per giusta causa. Abrogare questo principio, anche sostenendo che sarà poi lo stato a farsi carico del lavoratore (come? Quando? Con che soldi?) vuol dire cambiare le carte in tavola, ammettere e legittimare quello strapotere. Contestare il Jobs A ct vuol dire essere di sinistra perché sinistra vuol dire stare dalla parte del più debole.
L'argomentazione debole del presidente, che chiede perché, se questo è un diritto, non sia stato applicato agli statali e sotto i 15 dipendenti, è fuorviante e inaccettabile. Intanto per gli statali vige un contratto di lavoro diverso, che già li tutela anche di più dell'articolo 18, mentre il non avere previsto queste tutele sotto i 15 dipendenti è stato molto chiaramente una discriminazione che andrebbe superata, non cancellando il diritto, ma estendendolo. Come dire che dato che si è discriminato fra liberi e schiavi, anziché tutti liberi forse sarebbe più vantaggioso economicamente essere tutti schiavi.
Dalla perdita di un diritto tutti hanno da perdere, i lavoratori, le loro famiglie, l'indotto di consumatori, le aziende, fino allo stato e, in ultimo, una civiltà che quello stato dovrebbe incarnare.
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