Appello semiserio di un professore ai suoi alunni

Carissimi alunni, vi scrivo qui per farvi partecipi del mio dolore e del mio struggimento: mentre la tiepida notte mi avvolge coi lembi della sua tela e già l'alba dalle rosee ditta inizia a profilarsi, io concludo la correzione del tristo e logoro plico dei vostri temi. Non starò qui a raccontarvi di come, alle superiori, qualcuno di voi non abbia ancora ben chiaro che gli anni sono quelli che scorrono via, mentre la voce del verbo avere richiede, ahimè, quella sordida consonante che risponde al nome di Acca. Non vi racconterò neanche di quei componimenti che non prevedono la lettura da parte di esseri umani simili a noi, la cui vita dipenda dall'immissione di ossigeno nei polmoni e l'emissione di anidride carbonica: no, in alcuni dei vostri componimenti occorre sapere andare in apnea, ma non per scorgere le meraviglie dei fondali del Mediterraneo, semplicemente per sopravvivere all'assenza delle virgole. Del resto, c'è invece chi cosparge il suo foglio di puntini, asticelle, sorrisini e faccette buffe: uno splendido quadro degno dei pittori fiamminghi, se non fosse un tema d'italiano. Invece il mio lamento qui, la mia preghiera, si alzano per altre cause. Alunni miei diletti, quando al mattino indossate i vostri calzoni sdruciti che inneggiano a priapiche dotazioni, vista la necessità di un cavallo così basso, provate ad inserire, anche di nascosto, dovesse servire, un quaderno nel vostro zainetto. Scoprirete che non sporca, non consuma, non disturba e, addirittura, a volte torna pure utile. Non meno di una penna, quello strumento che, nel tingere, ha la capacità di rendere indelebili dei messaggi che non spariscono con lo spegnersi di uno schermo. E se poi volete strafare, che ne dite pure di qualche foglio protocollo, magari pure da piegare in due nello svolgimento del tema, perché, sapete, la carta non serve solo arrotolata da fumare o appallottolata da lanciare. E poi, miei cari, ve lo posso giurare, il corsivo non dà dipendenza, non è una malattia contagiosa da evitare, non causa cecità, calli alle mani né la proliferazione di brufoli sulla vostra cute. Insomma, lo potete aggiungere alle vostre pratiche quotidiane, dicibilli e indicibili. Sì, quei ghirigoro, quelle curve, quelle aste, quei segni convenzionali che le maestre marrane vi hanno detto essere inutili, quei segni sviluppano il vostro cervello, vi costringono alla concentrazione, la stessa che, con un po' di sarcasmo ho preteso da voi con questo mio appello.

Commenti

  1. Posto il commento per tributarti l'encomio di aver proferito l'essenza della scrittura.

    Il genere umano che conquista il segno e lo rappresenta con le tavolette, con l'inchiostro e

    papiri, infine con la cellulosa,resa a mo di foglio,per imprimerne le nemorie.

    Lavoro in un'azienda agricola, raccolgo i dati e li trascrivo sulla carta, perché é il modo piu

    creativo nel riprendere la pagina non in modo virtuale.

    RispondiElimina
  2. Beh, che dire? Piacere, immenso piacere di conoscerti perchè dai forma ai miei pensieri di insegnante ancora donchisciottesca nel remare contro questo marrano mondo di pseudomaestri-semplificatori. Se ti va, scambiamoci visite sui nostri rispettivi blog, ho una sezione sulla scuola.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La sessualità nell'antichità

Alessandro Baricco, Castelli di rabbia

Saggio breve: D'Annunzio, una vita per la bellezza