Matteo Renzi Ed Il Monstrum Del Senato

È un refrain sempre più insistente quello che di giorno in giorno sentiamo contro la riforma del Senato della Repubblica made in Matteo Renzi and Silvio Berlusconi. Oggi a levarsi contro il tentativo di riforma è lo stesso presidente del Senato Grasso, accusato poi, abbastanza vigliaccamente, di avere paura di perdere la poltrona. Il problema di cui però non si vuole parlare è in realtà ben altro: è questa una riforma ben scritta? Aggiungo io: serve davvero la foga generale con cui si chiede l'abolizione del Senato? Stando alla prima questione, no, non si tratta di una riforma ben scritta. Intanto perché una camera, anche se solo consultiva, non eletta, riporta indietro di secoli, quasi ci appaiono di fronte gli Stati Generali di epoca medievale, a cui si accedeva per censo e, nel caso delle classi più alte, senza elezione. Inoltre una camera composta da gente eletta per altri incarichi pone due problemi, il primo di competenza, il secondo di legittimità, dato che si violerebbe l'ovvio obbligo ad un solo incarico pubblico alla volta. Ma poi si porrebbe un'altra questione, di merito. È davvero così inutile il Senato, ed in generale funziona davvero così male il bicameralismo perfetto? Immagino il coro unanime di sì, eppure, a rifletterci, quante volte è successo che delle leggi imperfette, pur se in tempi più lunghi, sono state via via corrette nel passaggio parlamentare da una camera all'altra? Insomma, il potere di controllo delle due camere l'una sull'altra non è un'ulteriore garanzia per la democrazia? Si potrebbe certo pensare di semplificare, stabilire che il Senato abbia da discutere solo sulle norme più importanti, norme di natura economica, la legge di stabilità, le questioni etiche, lasciando il diritto penale per esempio ad una sola camera, quella dei deputati. Ma pensare di fare questo privando i cittadini dell'ovvio potere di controllo sui loro rappresentanti dato dall'elezione è non solo stupido, ma anche pericoloso. Tutto questo poi per la continua rincorsa al provvedimento demagogico e anti casta, ovvero il giovanilismo che si unisce al becero populismo. Insomma, un miscuglio che ha solo fini elettorali e che, con le grandi riforme che l'Italia merita e a cui uno statista dovrebbe aspirare, non ha nulla a che spartire.

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