Crisi di governo, e la colpa è sua
Si è alla fine arrivati alla crisi di governo, e, senza girarci tanto attorno, la responsabilità ha il volto sempre più stanco e populista di Silvio Berlusconi. Un Silvio Berlusconi che, totalmente concentrato sulle sue vicende personali, ha preferito abbattere un governo che non gli ha garantito quell'immunità che, chissà perché, gli dovrebbe essere consentita, lui condannato per un reato di per sé gravissimo, ancor di più per un politico, ovvero la frode fiscale nei confronti dello stato.
Frode, si dice, di "soli" otto milioni di euro. Senza parlare però dei milioni prescritti perché, in ogni modo, quest'uomo ha fatto sì che i suoi processi ci ammorbassero nel corso degli ultimi vent'anni.
Si dice da più parti che Berlusconi sia entrato nell'interesse della magistratura solamente dopo la sua discesa in campo, ma non è così. La relazione è opposta: Silvio Berlusconi è entrato in politica nel momento in cui, con le prime indagini sulle collusioni con la mafia di un certo Mangano, il suo stalliere, ha avvertito come la giustizia si stesse avvicinando a lui e al suo incredibile impero commerciale ed economico, una macchina di potere fondata sul genio, certo, sul carisma, ma anche sulla truffa, sulla frode, sulla corruzione e sulla protezione della mafia.
Ma ciò che più importa sono i danni, incalcolabili, che quest'uomo ha causato all'Italia, manipolandone nel corso dei decenni la visione della realtà, della giustizia, del bene comune, delle leggi, dell'autorità.
Se oggi l'Italia è un posto peggiore rispetto a vent'anni fa, la responsabilità è per la gran parte di quest'uomo e dei suoi lacché, i quali, pur di avvicinarsi al potere, hanno accettato i peggiori compromessi sulla pelle dei loro concittadini.
Di tutto questo, in quanti si ricoderanno nel segreto delle urne?
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