Ci vogliono dieci milioni di voti, Galan, Berlusconi e l'impunità
Stando al pidiellino Galan un uomo che ha preso per anni dieci milioni di voti starebbe per essere fatto fuori, politicamente, dalla magistratura. Perché, sempre secondo Galan, se un uomo, dopo un processo durato anni, vede sopraggiungere l'ultimo grado di giudizio, evidentemente subisce ingiustizia.
Ora, se qualcuno nota delle contraddizioni in questi ragionamenti, allora vede bene.
Partiamo dal presupposto: se un processo giunge a compimento, allora di certo non sarà il suo compiersi l'ingiustizia. Pensare che sia più giusto giungere ad un nulla di fatto, ad una prescrizione, anziché giungere ad una sentenza, indica un volersi prendere gioco della giustizia, delle leggi.
Giungiamo poi alla conseguenza del ragionamenti di Galan e della gran parte dei sodali del suo partito: se un uomo come Berlusconi viene votato dagli Italiani, allora dovrà vivere la sua vita politica senza che essa subisca alcuna delle conseguenze prevedibili per chi commette un reato, perché questo vorrebbe dire contraddire il volere degli Italiani. Anche in questo caso quindi la volontà contingente del popolo sarebbe superiore alle leggi, allo stato stesso. Se uno stato prevede che le leggi siano uguali per tutti, questo principio va a cadere se una persona viene eletta dal popolo. In questo caso, secondo questo ragionamento, si raggiunge una forma d'impunità.
Quindi, Berlusconi, eletto per anni da almeno 10 milioni di Italiani, non sarebbe condannabile, inquisibile o anche solo indagabile. Insomma sarebbe intoccabile, quasi onnipotente perché scelto dagli Italiani. In barba alle leggi, alla democrazia, alla giustizia.
E concludiamo: Berlusconi è stato scelto da 10 milioni di Italiani, e quindi dovremmo non interessarci dei suoi eventuali reati. E se invertissimo le due frasi? Se invece dicessimo che, forse, Berlusconi, anche grazie ai suoi reati, è stato votato da 10 milioni di Italiani? Il ragionamento fallace rimarrebbe ugualmente sostenibile?
Magari in pochi ci hanno fatto caso, ma per ragionamenti siffatti oggi si è attentato alla democrazia in Italia, sospendendo l'azione del Parlamento, di fatto impedendone le funzioni. Perché un uomo non vuole essere condannato per i suoi crimini.
Ora, se qualcuno nota delle contraddizioni in questi ragionamenti, allora vede bene.
Partiamo dal presupposto: se un processo giunge a compimento, allora di certo non sarà il suo compiersi l'ingiustizia. Pensare che sia più giusto giungere ad un nulla di fatto, ad una prescrizione, anziché giungere ad una sentenza, indica un volersi prendere gioco della giustizia, delle leggi.
Giungiamo poi alla conseguenza del ragionamenti di Galan e della gran parte dei sodali del suo partito: se un uomo come Berlusconi viene votato dagli Italiani, allora dovrà vivere la sua vita politica senza che essa subisca alcuna delle conseguenze prevedibili per chi commette un reato, perché questo vorrebbe dire contraddire il volere degli Italiani. Anche in questo caso quindi la volontà contingente del popolo sarebbe superiore alle leggi, allo stato stesso. Se uno stato prevede che le leggi siano uguali per tutti, questo principio va a cadere se una persona viene eletta dal popolo. In questo caso, secondo questo ragionamento, si raggiunge una forma d'impunità.
Quindi, Berlusconi, eletto per anni da almeno 10 milioni di Italiani, non sarebbe condannabile, inquisibile o anche solo indagabile. Insomma sarebbe intoccabile, quasi onnipotente perché scelto dagli Italiani. In barba alle leggi, alla democrazia, alla giustizia.
E concludiamo: Berlusconi è stato scelto da 10 milioni di Italiani, e quindi dovremmo non interessarci dei suoi eventuali reati. E se invertissimo le due frasi? Se invece dicessimo che, forse, Berlusconi, anche grazie ai suoi reati, è stato votato da 10 milioni di Italiani? Il ragionamento fallace rimarrebbe ugualmente sostenibile?
Magari in pochi ci hanno fatto caso, ma per ragionamenti siffatti oggi si è attentato alla democrazia in Italia, sospendendo l'azione del Parlamento, di fatto impedendone le funzioni. Perché un uomo non vuole essere condannato per i suoi crimini.
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