Le menzogne della notte, Gesualdo Bufalino

Le menzogne della notte di Gesualdo Bufalino rappresenta benissimo cosa è stata la letteratura italiana, almeno parte di essa, negli ultimi trent'anni. Questo romanzo si caratterizza, lungo la scia di Gadda, per il registro elevatissimo ed ironico ad un tempo della lingua, senza però le volute ripide discese dell'autore milanese nelle viscere dei linguaggi più bassi o nei dialetti. Il tutto appare costantemente sopra le righe, quasi eccessivo, comunque esorbitante rispetto alle vicende narrate.

Del resto la trama di questo breve romanzo porta in scena, è il caso di dirlo, le vicende di quattro personaggi condannati a morte. I quattro, partecipi d'un complotto contro il re, attendono l'esecuzione narrando le loro vicende ad un compagno di cella, mentre un patto crudele con il loro carnefice li porterà alla salvezza se solo uno di loro si farà delatore della congiura.

Nel gioco delle parti ciascuno dei quattro protagonisti racconta ciò che è e ciò che non è: maschera e personaggio si mescolano, le vittime si fanno carnefici e il carnefice diviene vittima, suo malgrado.

Poiché la mia vita - non meno che la vostra, o miei nemici e fratelli - non è stata che un fluido trascorrere di coscienze posticce dentro un innumerevole ME… […] io e voi, a spaiati lacerti d’un cartolario disperso; comparse, io e voi, d’una messinscena che non finisce, maschere d’un eccentrico ed esoso quiproquò”

I temi dell'inganno, del dubbio, dell'inconoscibilità del reale, tutti serpeggiano come non detti, costituendo il reale fulcro dell'opera, libro con cui Bufalino di certo colpisce, pur non avendo scritto un capolavoro e nei limiti di un testo che in ogni sua parte so mantiene fitto e uguale a se stesso, senza scossoni ne cambiamenti di registro, senza apici né colpi di scena, se non in conclusione, lì dove il disvelamento dell'inganno si manifesta, anch'esso come dubbio nell'incomprensibilità del tutto.

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