Considerazioni varie da un operatore di call center
Sono quasi due anni ormai che lavoro presso un call center, vendendo servizi telefonici e adsl. Ora, questo lavoro, precario, bistrattato, spesso frustrante, permette tuttavia di conoscere uno spaccato di questo paese che spesso s'ignora o si vuole ignorare. Non sto parlando del mondo dei precari, di quello ne parlo già spesso e volentieri. Invece mi dilungherò su qualche riflessione sul mondo che sta dall'altro lato, quello delle persone che mi rispondono, come vivono il mio lavoro e come si mettono a nudo nel breve arco di una telefonata.
L'italiano medio, quando telefono, è infastidito. È curioso: lo stesso italiano che si fa narcotizzare dalla pubblicità in televisione, si infervora e millanta violazioni alla sua privacy se gli viene gentilmente proposta una qualsiasi offerta attraverso il telefono.
Probabilmente perché sente di avere dall'altra parte qualcuno con cui prendersela, su cui sfogarsi.
È una maleducazione diffusa: dal dare del "tu" all'operatore che si rivolge con il "lei", segno di mancanza di rispetto verso la persona ed il lavoro; fino all'insultare, minacciare.
E c'è anche un'ignoranza diffusa, manifesta e spesso, peggio ancora, latente, nascosta.
Dall'ignoranza di chi fugge dalla chiamata perché "analfabeto", mondo sotterraneo di incolti e di analfabeti di ritorno, fino a coloro che, vittime stesse della loro condizione sociale e del loro successo, sono convinti di essere migliori degli altri.
C'è un principio nella nostra giurisdizione, quello secondo cui la legge non ammette ignoranza. Ecco, questo principio mostra di essere del tutto ignorato nella realtà dei fatti, come da tutti coloro che minacciano denunce, insultano, prendono in giro gli operatori perché "loro hanno fatto richiesta del numero privato" senza sapere che, se non vogliono informazioni commerciali devono iscrivere il loro numero a ben altro istituto, il registro delle opposizioni.
Per carità, la maleducazione si trova anche fra gli operatori: ce ne sono di tutti i tipi, ci sono quelli che lasciano aperta la telefonata per farsi quattro chiacchiere con il collega, ci sono al contrario le macchine da contratto, che non sollevano lo sguardo dal monitor se non hanno convinto, ad ogni costo, i malcapitati che ricevono le loro telefonate. Ci sono gli operatori di passaggio, che fanno questo lavoro mentre studiano o cercano qualcosa che li realizzi nelle loro competenze; ci sono poi gli operatori che giungono al call center dalla chiusura delle fabbriche, spesso privi di competenze informatiche, condannati loro malgrado nella grande maggioranza dei casi ad essere licenziati in poco tempo.
Ma tornando al mondo all'altro capo della cornetta, c'è davvero di tutto. Nulla di strano che in un turno di lavoro si susseguano interminabili ore di chiamate chiuse in venti secondi ripetendo ostinatamente le stesse frasi d'esordio, finché non giunge il cliente che finalmente ti fa andare oltre le solite tre frasi in croce, con cui si può dialogare. Sono vari tipi di dialogo: dall'altro lato ci può essere la persona che docile si lascia condurre per mano, quella a cui è un piacere vendere un servizio. C'è poi quello diffidente, quello che vuole fare tutto da sé, e allora lo si deve fare sentire il padrone del mondo, gli si deve fare credere che è lui che comanda. Poi c'è quello più subolo, quello che ti fa parlare solo per poterti dire, alla fine, che quello che ha a casa gli conviene di più, spesso con un tono di compiaciuta superiorità. Lo so, sbaglio, i miei superiori mi lincerebbero, ma io su quello che mi vuole superare sulla logica mi ci avvinghio come i granchi agli scogli. Lì esce il peggio di me: che tu voglia o no il mio servizio, non mi interessa più, ora metto a frutto vent'anni di studi, sfodero ogni figura retorica che conosco, inizio a sforbiciare sillogismi da far impallidire un peripatetico. Forse non diventerai un mio cliente, ma almeno ti avrò tolto il sorrisetto superiore dal viso.
Poi vengono infine quelli che meriterebbero, loro, di essere denunciati per diffamazione. Ci sono quelli che ti invitano ad andare a truffare qualcun altro (sic), quelli che citano i nostri emeriti politici dandoti del perditempo o della capra, quelli che, dei veri geni, invece di telefonare ti invitano ad andare a figa.
Ma i miei preferiti sono quelli che sfoderano il loro genio, quelli le cui risposte rimarranno fra i miei ricordi nel cassettino accanto agli strafalcioni dei miei alunni.
Come quello che per telefono mi disse di non avere un gestore telefonico, o la signora che simulò un fax con la lingua per non rispondermi; come la signora che fingeva le interferenze telefoniche mentre rimanevo muto in attesa, finché pensando che non fossi più al telefono, finalmente risponde ed io la coglievo in fallo.
Ci sono quelli che ti dicono che ti dovresti vergognare a chiamare alle 15:30 perché disturbi, come se, dato che loro non lavorano, il mondo si dovesse fermare ed abolire gli orari d'ufficio. Sono gli stessi che chiamano il 31 Dicembre alle 23:30 perché la loro adsl va a tre mega anziché a sette...
E poi quelli meravigliosi che ti rinfacciano di avere loro svegliato il bambino: se magari non mettete la culla accanto al telefono e non usate la cavalleria rusticana come suoneria, potrete anche avere una vita normale anche nell'uso della telefonia.
Per fortuna ogni tanto capitano anche le persone umane, con cui, al di là di tutto, discuti per venti minuti che valgono un'intera giornata di lavoro: come quello che mi raccontò dell'operazione della figlia da cui tornava tutto emozionato, o la signora che mi diceva piangendo del tumore del marito e dei guai causati dall'eternit. Come la signora che rispose singhiozzando perché aveva appena subito un'aggressione in casa.
O quelli che ti offrono un posto di lavoro, che si stupiscono che tu che sei stato così bravo nell'informarli o nel convincerli possa fare quel lavoro, come se ogni lavoro non avesse pari dignità.
O quelle che vogliono il tuo numero perché è piaciuta la tua voce :-)
C'è uno spaccato d'Italia che non si vede, si sente solo dalle cuffie di un call center
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