Il sottosegretario Sasso e la teoria gender, ovvero di quando la politica decide di fare disinformazione e terrorismo psicologico sulle spalle della scuola


 In data odierna il sottosegretario all'istruzione (?!?) Rossano Sasso ha pubblicato un animoso post contro la teoria gender nelle scuole che, secondo lui, entrerebbe nella didattica in maniera surrettizia e che dovrebbe essere attivamente contrastata dalle famiglie. Dice il sottosegretario che
La scuola viene usata come grimaldello per scardinare quelli che sono da sempre i valori e i punti fermi della nostra società, innanzitutto generando confusione tra i più giovani riguardo alla propria identità sessuale. 

e ancora 

Mamme e papà non possono affidare serenamente i propri figli alla scuola sapendo che rischiano di esporli a un violento indottrinamento. Non possiamo e non dobbiamo permettere una deriva di questo tipo.

Sulle pagine di questo blog il tema delle bufale sulla teoria gender è stato trattato varie volte (Se la scuola smette di essere luogo di confrontoSulle polemiche sul DDL Cirinnà: famiglia naturale, morale e diritto e Ancora sulle bufale sul gender e la scuola), tuttavia - sarà forse l'atavica stanchezza - questa volta credo sia utile riportare quanto di recente pubblicato su La Ricerca nell'articolo Sgombrare il campo
 dagli equivoci, in cui il prof. Federico Batini intervista lo psicologo Vittorio Lingiardi dell'Associazione Italiana di Psicologia

D: Prof. Lingiardi, non le sembra che in questo momento storico si stia facendo una grossa confusione riguardo alla tematica cosiddetta del “gender”?

R: C’è confusione e purtroppo, a volte, malafede. A questo proposito vorrei richiamare un recente (ottobre 2015) documento dell’AIP [Associazione Italiana di Psicologia, N.d.R.]: «Da pochi giorni si sono riaperte le scuole e, con esse, le discussioni e le polemiche legate alla cosiddetta “ideologia del gender”, alle delibere o alle mozioni per ritirare testi contenuti presso le biblioteche scolastiche e le conseguenti polemiche da parte di associazioni di insegnanti, genitori, esperti del settore. Sul tema specifico della “teoria del gender”, l’AIP ribadisce quanto già scritto in un documento approvato in marzo. L’inserimento nei progetti didattico-formativi di contenuti riguardanti il genere e l’orientamento sessuale aiuta a fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni, mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci per contrastare la formazione di pregiudizi e fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo».


D: Eppure il timore di molti genitori tocca toni che rasentano la “fobia di massa”. Come possiamo tranquillizzarli? Anzitutto, possiamo sgombrare il campo da alcuni equivoci terminologici?

R: Fare chiarezza è un dovere. A cominciare dalla stessa etichetta «ideologia gender». Si tratta di un ingenuo equivoco? O piuttosto di uno slogan studiato a tavolino per far leva sull’ignoranza e la paura, al fine di ostacolare quel processo di crescita in tema di diritti che in questi anni, in gran parte del mondo, è stato protagonista del passaggio «dalla politica del disgusto alla politica dell’umanità», per dirla con le parole della filosofa Martha Nussbaum? Quel che è certo è che l’”ideologia gender” non esiste. Esistono gender studies che non negano affatto l’esistenza di un sesso biologico assegnato alla nascita, né la sua influenza sulle nostre vite; ma mostrano che il sesso biologico da solo non basta a definire ciò che siamo. La nostra identità (sessuale) è infatti una realtà complessa e dinamica, un mosaico composto dalle categorie di sesso, genere, orientamento sessuale e ruolo di genere. È stato detto in tutti i modi e da cattedre molto autorevoli. Mi limito a riportare ancora una volta le parole dell’AIP: «Esistono, al contrario, studi scientifici che hanno contribuito alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (dalla medicina alla psicologia, all’economia, alla giurisprudenza, alle scienze sociali) e alla riduzione, a livello individuale e sociale, dei pregiudizi e delle discriminazioni basati sul genere e sull’orientamento sessuale. Le evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali. Il contributo scientifico di questi studi si affianca a quanto già riconosciuto, da più di quarant’anni, da tutte le associazioni internazionali che promuovono la salute mentale (tra queste, l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ecc.) e ribadiscono, per esempio, che l’omosessualità altro non è che una normale variante della sessualità umana». Occorre non fare confusione tra le proprie opinioni e gli studi scientifici.


D: Molti genitori, però, esprimono paure relative non tanto agli aspetti teorici e alle conquiste della ricerca, quanto legate alle pratiche educative. Possiamo eliminare dal dibattito almeno alcuni argomenti che risultano inquinanti?

R: Che una propaganda sistematica finisca per spaventare genitori poco documentati o male informati mi sembra prevedibile. Qualche genitore, per esempio, è stato spinto a temere che da quest’anno alcuni docenti, forti di programmi scolastici basati sull’”ideologia gender”, potranno insegnare ai loro bambini a masturbarsi o condividere pratiche sessuali. Si rende conto? Oppure, ancora grazie alla cosiddetta “propaganda gender”, che ai bambini verrà insegnato a essere bambine, e alle bambine a essere bambini, e agli uni e alle altre a «diventare» omosessuali. Possiamo tranquillizzarli: nessuno ha mai sostenuto l’opportunità di simili insegnamenti. Anche perché, forse è bene ricordarlo, non si può insegnare a essere omosessuali. Queste attività non sono previste in nessun programma scolastico. Su temi cruciali e delicati come questi è invece verosimile che, nel diffondere notizie false e creare allarmi morbosi, si rischi di incentivare pregiudizi e comportamenti basati sull’odio e il sospetto, anziché proteggere i giovani.

Mi pare non ci sia altro da aggiungere. 

 

Commenti

Post popolari in questo blog

La sessualità nell'antichità

Alessandro Baricco, Castelli di rabbia

Saggio breve: D'Annunzio, una vita per la bellezza