Per una nuova epistemologia della discussione
Quando discuto con un novax o un riduzionista del Covid (ma anche fosse un fascista o un nazicomunista) capita sempre la stessa cosa: dimostrata con argomentazioni e profusione di fonti l'inadeguatezza o la falsità della altrui posizione, difficilmente l'interlocutore ammette il proprio errore. E questo capita anche se sono io a sbagliare, sia chiaro. Perché capita? Un po' è l'effetto di un bias cognitivo, il bias di conferma: di fronte a tante argomentazioni e ai dati vediamo e vogliamo vedere solo le informazioni che confermano la nostra opinione preconcetta. Un po' è poi l'effetto della sindrome di Dunning Kruger: se una persona è fin troppo incompetente su di un certo argomento semplicemente non può riconoscere quali informazioni sono vere e quali false fra quelle che gli sono proposte. Infine, però, credo ci sia anche un'altra cosa: la paura dello stigma, l'infamia dell'ammissione pubblica del proprio errore. Una società che ci vede ...