Sulla democrazia, la correttezza delle opinioni e il numero

Di sconosciuto - http://www.humanities.mcmaster.ca/~bertrand/later.html, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24694974


Scriveva Bertrand Russell in Matrimonio e morale
Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Infatti, a causa della stupidità della maggioranza degli uomini, è molto più probabile che un giudizio diffuso sia sciocco piuttosto che ragionevole.
Dato che questa asserzione, oggi più che mai, potrebbe essere tacciata di elitarismo o di essere frutto di una mentalità "radical-chic", occorre spiegarla, anche perché in qualche modo mina uno dei presupposti della democrazia come largamente intesa, ovvero la sovranità popolare.

La questione che Russell solleva è di natura prettamente logica. Il problema è che la somma di più teste, per dirla facile, non dà una testa più grande e meglio formata. In sostanza, quando noi ragioniamo, siamo da soli con il nostro cervello, non ragioniamo sommando i nostri pensieri e le nostre conoscenze telepaticamente a quelli degli altri, quindi, il fatto che gli ignoranti su una determinata questione siano uno o cento, a confronto con una persona competente, è ininfluente: se chiedo a cento persone incolte sulle leggi della fisica di risolvere un problema relativo alla relatività di Einstein, e chiedo la stessa cosa ad un fisico, in termini probabilistici è molto più credibile che sia il fisico a risolvere la questione, per il semplice fatto che sia rispetto ai cento presi singolarmente, sia presi nella loro totalità, lui di fisica ne sa di più. Ugualmente, se chiedo a cento persone che non hanno mai avuto a che fare con la logica di risolvere uno dei paradossi, come quello del barbiere formulato proprio da Russell, e chiedo la stessa cosa ad uno studioso della materia, statisticamente è più plausibile che sia il secondo a giungere ad una soluzione anziché i primi, proprio perché cento ignoranze non fanno una conoscenza. E dato che sui vari rami del sapere è statisticamente più probabile che solo una ristretta minoranza sia di volta in volta competente, mentre la maggioranza delle persone sarà, letteralmente, incompetente, ne emerge come il fatto che un'opinione sia largamente diffusa non solo non è prova che quell'opinione sia corretta, ma sia anzi correlato (ma non in termini causali) con la probabilità che sia scorretta.

Se si è letto attentamente il post, tuttavia, si sarà notato che il fatto che la persona competente abbia ragione rispetto agli incompetenti non viene mai dato per certa in assoluto Perché? Perché come insegnato dalla filosofia della complessità, i fenomeni non seguono praticamente mai una linearità deterministica, ma tendono al caos e più i sistemi e le questioni da risolvere sono grandi, più tendono ad un andamento non lineare. Può quindi accadere che per vie del tutto casuali e non determinabili l'opinione dell'incompetente risulti alla fine più fondata di quella del competente, ma più il competente è in grado di padroneggiare la complessità dell'argomento che si appresta ad affrontare, più è probabile che la sua ipotesi, anche se minoritaria rispetto a quella della folla, sia quella corretta.

Le implicazioni politiche di questa affermazione sono immediatamente evidenti (lo erano persino per Socrate, quando ironizzava sul numero di persone che l'avevano condannato a morte). Se un'opinione largamente diffusa è probabilmente scorretta, come può tenersi in piedi la democrazia?
Probabilmente di nuovo qui bisogna sfatare un mito: il fatto che il popolo sia sovrano non implica che il popolo abbia ragione, e tuttavia, è semplicemente più conveniente che, attraverso la distribuzione della responsabilità delle scelte e quindi un maggiore coinvolgimento nelle attività pubbliche, si eserciti una maggiore funzione di controllo e che, sempre in termini statistici, coinvolgendo più persone e provenienti da diversi contesti sociali, economici, religiosi e culturali, si riesca a mettere la persona giusta nel posto giusto.
Quindi, ricapitolando, la questione non è che il popolo sovrano ha ipso facto ragione, anzi, probabilmente ha spesso torto, ma il coinvolgimento dell'intera popolazione nella vita pubblica garantisce una funzione di controllo sulle attività dei governanti e garantisce la partecipazione alla vita dello Stato anche ad elementi che, in una società fortemente oligarchica ed elitaria, verrebbero tenuti fuori dall'istruzione, dalle posizioni di ricerca, di controllo e di governo.

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