Ancora sulla valutazione: risposta alla lettera del dirigente scolastico Citarelli
Il 10 aprile 2023 il dirigente scolastico Citarelli ha sentito la legittima necessità di dire la sua sulla questione della valutazione, inviando una lettera ad Orizzonte Scuola. Trovo interessante questa lettera, perché proviene da un addetto ai lavori, qualcuno che ha potere decisionale nella scuola e un certo seguito sui social. Per analizzare la lettera, e confutarne premesse e considerazioni, ho deciso di mapparla. Di seguito quindi troverete la mappa argomentativa del testo originale che ne esplicita tesi, premesse e argomentazioni, nonché ne segnala gli errori logici e ne confuta i passaggi.
La tesi del dirigente scolastico è che la valutazione numerica, il voto, sia l'unica forma di valutazione significativa e che sia ingiustamente messa sotto attacco. L'autore della lettera inizia ad argomentare sostenendo che
Chi continua, ormai, tutto sommato, da vari decenni, a demonizzare i voti, rispetto agli stessi apprendimenti ed al successo formativo degli alunni, vive in una realtà parallela, che non corrisponde al comune intendere e sentire della stragrande maggioranza di alunni e famiglie.
La premessa di questo ragionamento è la fallacia logica dell'argumentum ad populum, che scambia la comodità di una decisione a maggioranza con l'idea che la maggioranza, in quanto tale, abbia sempre ragione; ovviamente sappiamo che la maggioranza può prendere clamorose cantonate e che richiamare l'idea che il comune sentire veda in una certa maniera la valutazione non sposta di un millimetro la questione della validità della stessa.
Successivamente Citarelli inanella una serie di premesse che dovranno sostenere succcessive argomentazioni. Dice l'autore:
Per “valutazione” è da intendersi, oltre che l’atto del valutare, anche il “dare valore”. Quindi, valorizzare il potenziale di tutti gli alunni, accogliendo anche le diversità di ciascuno di essi nel percorso di insegnamento/apprendimento.
Ma
“Valutare” e “valorizzare”, ad ogni buon conto, nel linguaggio corrente hanno un differente significato.
Cioè
Valutare significa attribuire un valore, stimare (un oggetto, un terreno, una prestazione, ecc…). Serve, in tal caso, qualcuno che per i suoi studi e la sua esperienza abbia gli strumenti per farlo.
E
Valorizzare vuol dire, invece, far acquistare valore o mettere in risalto il valore di qualcosa o di qualcuno. Nel caso del docente, vuol dire mettere un allievo nelle condizioni di scoprire e utilizzare al meglio le proprie capacità; una competenza, questa, che integra quella strettamente disciplinare.
Ciò che viene lasciato implicito è che per l'autore entrambe le funzioni sono assolte a dovere e unicamente dal voto numerico. Alla luce di quanto detto il dirigente sostiene che
Possiamo, dunque, adesso porci il quesito, se gli studenti siano stimolati o demotivati da un voto negativo. C’è prima di tutto da chiedersi se, da questo punto di vista, esista differenza tra un 5 e un “insufficiente” o un “iniziale” o tra un 4 e un “gravemente insufficiente” o “in via di prima acquisizione”. E possiamo chiederci se è vero, come molti credono, che le parole siano “più eque e meno limitanti” dei voti decimali.
La premessa implicita di quanto qui sostenuto è che non ci sia una reale differenza informativa fra voto numerico e valutazione descrittiva: entrambe fornirebbero le stesse informazioni e non ci sarebbero particolari vantaggi nel passaggio dai numeri alle descrizioni. Da ciò deriverebbe che
La risposta a tali quesiti è tanto evidente, da non richiedere ulteriori approfondimenti, dal momento che risulta chiaro che una valutazione negativa espressa tramite giudizio sintentico non possa demotivare in misura minore rispetto ad una valutazione negativa espressa con voto decimale; l’unica differenza è che quella con voto decimale risulta molto più comprensibile, sia per gli alunni che per le famiglie (e possiamo allora dedurne anche che le succitate “parole” non sono “più eque e meno limitanti” dei voti decimali). Meglio discutere, dunque, degli effetti di una valutazione negativa, comunque sia espressa.
A questa argomentazione si può facilmente contestare che avendo fondato il ragionamento su una petizione di prinipio - non c'è differenza fra voto numerico e giudizio sintetico perché giudizio sintetico e voto numerico sono di fatto la stessa cosa -, il discorso si infrange sull'impossibilità di essere dimostrato, tanto che l'autore è costretto a sostenere che si tratti di qualcosa talmente evidente da non dover essere dimostrata. Inoltre, definendo "del tutto evidente" l'autore evita di citare i dati che smentiscono la sua asserzione, frutto di quasi un secolo di ricerca pedagogica, incorrendo nella fallacia dell'evidenza soppressa. In ultimo, l'autore evita di citare dati a sostegno della propria posizione che siano frutto di documentazione scientifica, venendo meno all'onere della prova.
Possiamo osservare come il dirigente scolastico prosegua il proprio argomento, di fatto limitandolo, sostenendo che
È ovvio che [gli effetti della valutazione] in buona parte dipendono dalla sensibilità e dal carattere dello studente, ma anche, e forse soprattutto, dalla qualità del rapporto con l’insegnante. All’interno di un rapporto di fiducia, la valutazione negativa può non fare piacere, come è logico, ma è probabile che sia un incentivo a fare meglio. E proprio in tal senso, più è chiara, più l’incentivo risulta evidente ed in certo senso funge maggiormente da “stimolo” (a migliorare).
Così facendo l'autore però pone dei limiti alla stessa validità della propria argomentazione, tra l'altro avallando l'idea che lo studio debba dipendere da motivazioni estrinseche (il voto) anziché intrinseche (la volontà di apprendere di più e meglio). Lo stesso autore finisce per confermare che l'aspetto realmente importante della valutazione è la descrizione della prestazione, cioè quella forma di feedback che permette di rendere significativa la valutazione per il discente, e infatti è costretto ad ammettere che l'esito della valutazione dipende dal rapporto docente - discente, non dalla semplice lettura del voto numerico, di per sé un significante vuoto.
Citarelli porta successivamente una terza argomentazione.
Il voto rappresenta, in ogni caso, un elemento di chiarezza che, nella mia personale esperienza (e, aggiungo, anche in quella dei docenti con i quali mi sono confrontato, sia da collega che, successivamente, da Dirigente), gli alunni apprezzano (e che io stesso ricordo molto bene di avere apprezzato anche da alunno, soprattutto allorquando, con mia somma delusione, entrato in prima media, nel lontano 1978, scoprii che non sarei stato più valutato tramite i miei amati voti, bensì tramite un giudizio descrittivo!).
Osserviamo qui come l'autore della lettera ricorra all'aneddotica per motivare una asserzione che pretende di essere rigorosa, universale, e necessaria , e che quindi, per questo, avrebbe bisogno di ben altri dati a suo sostegno.
Citarelli continua sostenendo che
Il giudizio descrittivo (anche in forma sintetica) è spesso ondivago, sottoposto da parte dei genitori a mille interpretazioni (anche in considerazione del dato di fatto che non tutti i genitori posseggono gli strumenti interpretativi adeguati), laddove il voto numerico è preciso, secco, universalmente comprensibile e non dà adito ad interpretazioni difformi e/o sommarie. Il giudizio può essere inteso in maniera molto personale; la valutazione in decimi, come risulta intuitivamente evidente, no.
Ma l'autore non porta prove al riguardo. Lui stesso ammette che la sua sia una semplice opinione, asserendo che la differenza fra giudizio e voto è semplicemente intuibile, cercando di spostare il discorso dagli esiti della ricerca scientifica a quelli dell'esperienza aneddotica e personale, quindi soggettiva.
Nondimeno il discorso del dirigente scolastico prosegue su questa linea argomentativa sostenendo che
L’alunno, già dalla scuola primaria, dovrebbe avere contezza dell’importanza di una prova (scritta od orale che sia) e dovrebbe essere convinto di averla svolta correttamente oppure no. Se prende 5 (o, per la scuola secondaria, anche 4) significa che deve migliorare le sue performance; se prende 6, 7, 8, fino a 10 significa che deve migliorare sempre più, per avere il massimo. Il giudizio, invece, non offre all’alunno questa possibilità e lo lascia nell’incertezza (assieme al genitore, che sicuramente richiederà poi spiegazioni al/ai docente/i). Si sente spesso affermare: “Mio figlio alla verifica scritta (o orale) ha avuto ‘intermedio’ (o ‘buono’). Ma questo ‘intermedio’ (o ‘buono’) a che voto corrisponde?”.
In realtà le parole di Citarelli continuano a rigirare intorno al discorso circolare già evidenziato, il voto è oggettivo e la valutazione è soggettiva perché il voto è oggettivo e la valutazione è soggettiva. Nulla che dimostri nulla viene portato agli occhi del lettore. Infatti, come già visto, l'oggettività del voto e la soggettività del giudizio sono date per certe attraverso un ragionamento circolare. Si tratta di opinioni dell'autore spacciate per verità.
A sostegno del ragionamento l'autore scrive che
E il docente deve dare spiegazioni al genitore [quando usa valutazioni descrittive]. Questo, il più delle volte, non è facile. E per questo motivo, anche nella scuola primaria, la valutazione numerica è migliore, perché l’alunno possa avere consapevolezza delle personali capacità e potenzialità.
Tuttavia il fatto che "Il docente deve dare spiegazioni al genitore" dimostra, semmai, che nel momento in cui si passa dal voto numerico ad una valutazione di tipo descrittivo si svela l'arcanum della valutazione, ovvero che essa non ha un valore in sé, che essa è un atto di arbitrio e che essa diventa significativa solo nel momento in cui dà chiaramente al discente gli strumenti per renderla produttiva di migliorammenti nelle prestazioni e nelle conoscenze.
A questo punto il dirigente scolastico, quasi inconsciamente, sembra prendere le distanze da quanto ha appena scritto
Il voto, certo, ha bisogno di essere spiegato e motivato, si tratti di verifica scritta o orale. E non c’è dubbio che sia molto importante motivare una valutazione, soprattutto quando non è positiva, e “valorizzare” eventuali miglioramenti o l’impegno che c’è stato e/o la possibilità di correggere gli errori (secondo l’antico, ma sempre valido proverbio “sbagliando s’impara”, poi sostituito dal concetto di… “valutazione formativa”).
E che quindi
Possiamo, dunque, dire che il voto ha bisogno del giudizio, ovvero di una spiegazione, ma, di converso, anche un giudizio ha comunque bisogno di confrontarsi con il voto, per evitare scarsa chiarezza, ambiguità, reticenze.
In realtà il ragionamento fin qui condotto e le confutazioni portate dimostrano che il voto senza spiegazione è poco significativo, ma non il contrario, visto che la soggettività del giudizio descrittivo è stata sostenuta come verità autoevidente senza portare alcun tipo di dimostrazione.
Il dirigente scolastico prosegue la propria lettera fornendo un'ulteriore argomentazione a sostegno della propria tesi, di tipo, diciamo, psicologico. Scrive Citarelli:
C’è un ulteriore elemento da tenere presente in questa discussione: la necessità di ricercare in un processo educativo un equilibrio tra codice paterno (principio di realtà) e codice materno (protezione, accoglienza), secondo una terminologia cara agli psicologi.
La premessa implicita della linea argomentativa ora scelta è che il voto numerico è oggettivo e paterno, il voto descrittivo è soggettivo e materno. Citarelli prosegue sostenendo che
A volte la contrarietà al voto nasce soprattutto dal desiderio di proteggere sempre e comunque gli allievi dalla frustrazione e dalla delusione, che una valutazione negativa inevitabilmente comporta.
Anche in questo caso, per capire il ragionamento dell'autore dobbiamo cercare di definire le premesse implicite, in questo caso il fatto che la valutazione descrittiva non è vera valutazione, ma un tentativo di addolcire la pillola. Da queste premesse ne consegue che
Ma nell’educazione un eccesso di maternage può avere serie conseguenze sulla personalità dei ragazzi, che possono diventare ‘narcisi’, incapaci di confrontarsi con qualsiasi delusione o insuccesso
Come abbiamo visto però anche questa argomentazione si fonda sull'assunto indimostrato della soggettività di una valutazione descrittiva, quando al contrario la premessa di ogni valutazione è l'essere massimamente rigorosa per essere massimamente significativa.
Citarelli prosegue aggiungendo che
Inoltre, può succedere pure che il docente tenda a “proteggere” piuttosto se stesso (anche inconsciamente), per evitare una scelta che in qualche caso può essere penosa. Il tema è importante nel rapporto tra genitori e figli e spesso coinvolge anche gli stessi insegnanti.
Qui l'autore sostiene che la valutazione descrittiva tenda a nascondere le reali prestazioni, quando semmai è proprio il contrario, perché descrivendo il prodotto questa valutazione non può allontanarsi da ciò che realmente è stato realizzato. Al contrario, il voto numerico, non descrivendo nulla può permettere più facilmente ciò che viene sostenuto dall'autore.
A questo punto il dirigente scolastico decide di introdurre una nuova argomentazione, che potremmo riassumere nel "fan tutti così". Citarelli infatti scrive che
Un rapido confronto con i sistemi di valutazione scolastica di altri Paesi europei ed extraeuropei risulta anche importante. Prendiamo, ad esempio, i sistemi dei tre Paesi leader in Europa (Germania, Francia e Regno Unito) e degli Stati Uniti.
Di fatto torniamo ad una forma diversa dell'argumentum ad populum che avevamo osservato ad inizio lettera. Per rafforzare l'argomento il dirigente scolastico precisa
Si parla qua, è bene sottolinearlo, di alcuni tra i Paesi più sviluppati al mondo, riconosciuti universalmente come le “culle” della democrazia.
La premessa implicita è che se questi paesi in passato hanno fatto bene in altri campi (e dobiamo prendere per buono che questa idea sia sempre e comunque vera), è impossibile che abbiano torto su questa questione.
L'autore riporta gli esempi di Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, paesi diversi tra di loro, con sistemi scolastici anche molto diversi (e non per forza invidiabili, aggiungo io). Sistemi scolastici, tutti comunque accomunati da sistemi di valutazione numerici o per lettere. Possiamo osservare come qui Citarelli cada nella fallacia del campione non rappresentativo: si prendono quattro paesi e si pretende che questo sia un campione rappresentativo di ogni forma scolastica, tra l'altro inviluppandosi in una evidente forma di cherry picking: la scelta degli esempi è infatti funzionale a dimostrare la propria tesi ma omette casi che la smentirebbero, come quello, clamoroso, della scuola finlandese.
Partendo dagli esempi forniti, sicuramente interessanti ma non ipso facto rappresentantivi, Citarelli scrive che
Se, dunque, in quei Paesi (che ci sopravanzano in pratica in tutti i settori) i sistemi di notifica della valutazione scolastica sono questi ed a nessuno è mai venuto in mente di eliminare la valutazione chiara del numero (o della lettera corrispondente al numero, come nel caso degli Stati Uniti), per quale ragione in Italia da almeno 5 decenni si continua a tutti i costi a contrastare ciò che è universalmente riconosciuto come valido?
Come abbiamo già visto, si tratta di argumentum ad populum: se la maggioranza fa così, vuol dire che è giusto fare così. Abbiamo già visto come Citarelli non dimostri neanche il fatto che sia la maggioranza dei paesi a scegliere questo tipo di valutazione, preferisce semmai puntare sulla rappresentatività degli esempi scelti. In realtà il fatto che un certo numero di paesi scelga la valutazione numerica non dimostra di per sé una maggiore o minore validità di questa forma di valutazione. Tra l'altro, possiamo aggiungere il fatto che non è vero che in questi paesi non sia stata messa in discussione la valutazione numerica, anzi, molta della ricerca pedagogica sulla validità della valutazione descrittiva, del feedback formativo, nasce proprio in quei sistemi scolastici che Citarelli cita.
A questo punto il dirigente scolastico si avvia verso la conclusione della lettera. Scrive
Personalmente, infine, sento troppo spesso persone (pedagogisti, addetti ai lavori, politici) che non si limitano a sostenere la necessità di adottare nuove strategie didattiche, ma che lo fanno a partire dalla colpevolizzazione degli insegnanti, ai quali si addebitano tutti gli insuccessi scolastici.
Ciò che l'autore lascia implicito è un sentimento spesso strisciante fra i docenti, almeno quelli social, ovvero che il passaggio dal voto numerico a diverse forme di valutazione sia un attacco ai docenti italiani in quanto tali proveniente da forze esterne alla scuola. Scrive infatti
Anche qui, non di rado, capita di ascoltare finanche battute sprezzanti sul godimento che, non qualche insegnante, bensì gli insegnanti in genere, proverebbero nel sentirsi ripetere a pappagallo le loro spiegazioni.
Mi permetto di obiettare alcune considerazioni: chi adopera la valutazione in classe? Insegnanti o studenti? A chi va addossata la responsabilità dell'emissione del giudizio, a chi lo emette o a chi lo subisce? Del resto, anche in questo caso Citarelli lancia il sasso ma nasconde la mano: non vengono riportati esempi che dimostrino questa critica indiscriminata ai docenti da parte di chi propone la valutazione descrittiva.
L'autore quindi conclude scivendo che
Se si vuole che gli insegnanti riflettano sul proprio modo di lavorare e prendano in considerazione i cambiamenti giusti (non quelli delle didattiche che prevedono l’utilizzo dei giudizi al posto dei voti numerici e neppure quelli che generalizzano l’idea del “docente liquido” delle… “flipped classrooms”, ecc…) non credo sia questo il modo di incoraggiarli in tal senso.
La premessa implicita di questa conclusione è che la valutazione descrittiva e altre forme didattiche sperimentali sono inutili e quindi inutili nel favorire una riflessione sulla didattica. Anche qui però il dirigente incorre in una petitio principii: ogni innovazione didattica è inutile perché è inutile nella sua stessa innovazione didattica. Si tratta di un ragionamento indimostrato e involuto.
A conclusione di questa analisi, una precisazione: avere dimostrato che le argomentazioni del dirigente scolastico Citarelli a sostegno della propria tesi non siano valide non rende in automatico non valida la tesi; dimostra semplicemente che la tesi sia sostenuta male. Personalmente non la condivido. Al riguardo rimando alla recensione del volume La valutazione che educa e al picccolo dibattito conseguente tenuto su piattaforma Kialo.
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