Tablet, piccolo mondo antico e non ci sono più le mezze stagioni
In riferimento all'articolo I vizi della rivoluzione digitale a scuola, pubblico qui qualche pensiero sparso, frutto, peraltro, anche di discussioni molto proficue avvenute con altri colleghi.
Onestamente ho l'impressione che quanto espresso nell'articolo non sia un'opinione maturata dopo la conoscenza degli strumenti, ma del contrario, di un tentativo di dimostrare che quegli strumenti non servano "a prescindere". Ci si accorge di ciò già quando, all'inizio dell'articolo, si parla di giocattoli, e se vogliamo rimanere alla retorica, stile e lessico utilizzato schiacciano tutte le argomentazioni, si tenta di mettere sin da principio in cattiva luce, quasi si tratti di incompetenti, poveri bischeri o peggio, meschini ragionieri di multinazionali, coloro che sostengono la digitalizzazione. Il tutto si tiene su di un tono da "noi gente superiore non ci facciamo costringere da questi poveri stolti". Insomma, un astuto abuso di retorica, sottintesi e mezze verità, allo scopo di dire e non dire, accusare ritirando la mano. Almeno se si vuole accusare di qualcosa, lo si faccia nel merito ( si veda per esempio Digitalizzazione della scuola, se deve essere, almeno che sia fatta bene).
Detto questo, sono d'accordo che lo strumento debba servire per decostruire la realtà, non per fare e farsi propaganda o per essere alla moda. Su di un punto però l'autore sbaglia: sostenere che i ragazzi siano già esperti nelle nuove teconlogie. Il fatto che i giovani utilizzino le nuove tecnologie in maniera istintiva non li rende esperti, anzi. Ragion per cui dovrebbe essere la scuola ad insegnare un uso critico dello strumento "rete", della sua retorica, delle sue trappole "culturali" così come dei suoi meriti.
Ma andiamo oltre, parliamo un poco dei dati, così da capire se e come le nuove tecnologie fanno male alla scuola. Per farlo però dobbiamo parlare di dati, dati oggettivi, quelli che a scuola fanno tanta paura. Intanto vediamo come le LIM, dove sono state utilizzate, hanno cambiato il modo di insegnare e con quali risultati. Dall'indagine condotta da Pearson (link) emerge come in realtà lo strumento LIM abbia migliorato l'interazione fra docenti e studenti con risultati mediamente più alti rispetto ai coetanei.
E riguardo le competenze disciplinari? Riguardo alle competenze su matematica e lingua, possiamo provare a ragionare su quanto emerge dai dati INVALSI e OCSE-PISA. Bene, a dirla tutta, i risultati più alti si ottengono in quelle regioni che più hanno investito in una didattica della ricerca (informatizzazione compresa), che le regioni del Meridione che più hanno investito nella scuola, digitalizzazione compresa, hanno migliorato i loro risultati e che, dato ancora più importante, i dati sulle competenze sono mediamente migliorati da quando sono iniziate le rilevazioni. Se aggiungiamo che nel frattempo abbiamo anche avuto un incremento del numero di emigrati che frequentano le nostre scuole, scopriamo che il dato è ancora più significativo.
Vogliamo aggiungere ancora qualche elemento? Il sentire comune è che le nuove generazioni leggano meno e parlino peggio. Sicuri? Eppure i dati statistici, quelli oggettivi che tanto vengono tenuti nascosti, questi dati ci dicono che i giovani italiani di oggi hanno mediamente letto molto di più dei loro coetanei di venti e trent'anni fa. Con buona pace di chi rimpiange un'epoca d'oro della cultura e della scuola in Italia, quella di Gentile, forse, quella che dalla cultura escludeva i più per valorizzare chi veniva dai ceti privilegiati.
In ultimo, c'è poi un dato che noto sempre più spesso. Chi attacca l'uso della rete e delle tecnologie informatiche nell'istruzione omette sempre di citare il fondamento democratico di un accesso alle informazioni libero e aperto a tutti. Forse perché spesso chi è colto si considera colto di per sé, dimenticando che la sua cultura è dipesa da circostanze storiche, condizioni specifiche dell'istruzione e possibilità economiche della famiglia. Dare ai ragazzi gli strumenti cognitivi per accedere alla conoscenza e elaborarla in maniera critica credo sia qualcosa di profondamente meritevole, forse la cosa più importante e da difendere con le unghie e con i denti.
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