C'è ancora domani, Paola Cortellesi


C'è ancora domani è l'opera prima, come regista, di Paola Cortellesi. Il film è ambientato nel 1946, quindi a ridosso della fine della Seconda guerra mondiale. Girato in bianco e nero, l'opera ritrae un'Italia povera, ancora alle prese con la fine del regime fascista, l'occupazione americana, gli odi nascosti sotto il tappeto tra coloro che hanno più apertamente aderito al regime nazi-fascista, anche vivendo dell'attività di delatori, e gli altri, quelli che hanno resistito, magari tacitamente o semplicemente sopravvivendo. 

Tuttavia il vero fulcro della vicenda ruota sulla differenza di condizione tra uomini e donne nell'Italia della famiglia tradizionale: donne sottomesse, che esistono solo come donne di casa, madri e mogli, come la protagonista Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi; dall'altro lato ci sono gli uomini, per i quali l'essere maschi, sia che si parli di persone perbene come il soldato americano, sia che si parli di violenti farabutti, come il marito Ivano, interpretato magistralmente da Valerio Mastandrea, è comunque una condizione di vantaggio, sentita come naturale. In mezzo c'è una nuova generazione, quella della figlia Marcella, che avverte l'ingiustizia della condizione della madre, ma rischia di riprodurla con l'organizzazione di un matrimonio che si appresta ad essere identico, se non peggiore di quello di Delia.
La protagonista si fa così portatrice della rivolta femminile: prima facendo fallire il matrimonio della figlia, poi organizzando la propria fuga; fuga che rimane immaginaria, non si realizza praticamente a causa di una serie di circostanze avverse, diviene simbolica ma ancor più importante perché collettiva nella conclusione del film, quando la donna, all'insaputa del marito, si reca alle urne per votare per il referendum del 2 giugno 1946. Con il primo voto delle donne, silenzioso atto di rivolta di una generazione e più ancora, di un genere, che mette in discussione lo status quo. Uno dei tanti castelli che crollerà nel XX secolo.

La regia del film risente, a tratti, di alcune ingenuità, ma si apprezza la scelta di edulcorare la violenza sulla protagonista attraverso il ballo e il canto. In più, le ottime prestazioni di Mastandrea e, soprattutto, di Cortellesi, innalzano il risultato, rendendo il film una gradita boccata d'aria fresca nel panorama cinematografico italiano.

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