Anche quest'anno, la prima prova dell'Esame di Stato


Anche quest'anno è arrivato l'Esame di Stato con le sue tracce, e anche quest'anno i soliti problemi. 

Per onestà andrà subito detto che quest'anno è andata meno peggio del solito. Le tracce, ancorché banali, erano alla portata degli studenti.

Se si guardano i due testi proposti per la tipologia A, ovvero Pellegrinaggio, di Ungaretti e il brano tratto da Quaderni di Serafino Gubbio operatore, di Pirandello, è evidente la scelta di autori e testi noti per gli studenti sui quali esercitare la propria competenza di analisi del testo. A molti critici dell'Esame continua infatti a non essere chiaro questo passaggio: la tipologia A non deve dimostrare la conoscenza di questa o quella opera, di questo o quel testo, ma la competenza di analisi, e per questo in realtà fino a prima del Covid era abbastanza in uso l'alternanza di autori noti e meno noti, o della prima e della seconda metà del XX secolo, pratica persa negli ultimi anni in favore di scelte più rassicuranti per degli studenti ancora parzialmente disorientati: una scelta, tutto sommato, comprensibile.
Tornando ai due testi: a differenza di altre annate sul testo poetico di Ungaretti è più evidente la richiesta di un'analisi puntuale del testo, mettendo in luce scelte metriche e retoriche, e non solo una "banale" comprensione del significato letterale. Occorrerà poi vedere se nella correzione, però, i commissari avranno o meno valorizzato questa scelta ministeriale, se si sarà pretesa da coloro che avranno affrontato questa traccia la competenza tecnica, o ci si sarà in realtà accontentati di una buona parafrasi e di un buon commento contestualizzante; se così fosse, emergerebbe probabilmente il semplice vomitare sul testo cose dette e stradette in classe sui testi e le esperienze di Ungaretti, senza una vera analisi che mostri la competenza che questa tipologia dovrebbe evidenziare.
Sul testo di Pirandello si apre una piccola questione: è vero  che uno dei temi pirandelliani è la critica alla civiltà della macchina e la denuncia del moderno, ma insomma, magari si poteva trovare qualcosa di più originale. Detto questo, alla fine una semplice preferenza personale, la cosa che poco si è notato è che la traccia A2 è stata quella che meglio ha risposto alle necessità di quella che doveva essere invece la tipologia B: infatti, la  prima domanda del questionario guida del fascicolo d'esame era esattamente quella che ci si attende nella tipologia B, Sintetizza il contenuto del brano e individua la tesi sostenuta dal protagonista. Ora, bene, ma non benissimo, perché a questo punto si pone anche in una traccia della tipologia A la critica che vale sempre per le tracce di tipologia B: si chiede di confrontarsi con un testo argomentativo e di scrivere un testo argomentativo, senza avere gli strumenti per argomentare.

Infatti questo è il limite di tutte le tracce della tipologia B, pur nel loro notevole dislivello qualitativo. La traccia B1, quella di Galasso sul Dopoguerra, addirittura non pone mai nel questionario guida l'unica domanda di senso nell'analisi di un testo argomentativo: qual è la tesi? Cosa sta chiedendo la traccia, se nell'analisi di un testo argomentativo, non chiedo di analizzare tesi e argomentazioni? Tanto è vero che nella seconda parte della consegna, quella della produzione personale, la tesi della fonte viene esplicitata, come a dare per scontato che lo studente non può, non sa o non vuole trovarla:  l'equilibrio del terrore’ è stato efficace per garantire la pace e ha portato al disarmo. Da qui si chiede di attualizzare la questione, con un evidente rimando al contesto geopolitico attuale, e il limite di sempre: abbiamo una fonte, un'autorità che sostiene qualcosa, non abbiamo un controcanto, e non diamo agli studenti la possibilità di fare ricerca per poter verificare con altre fonti e altri fatti se vale o meno la pena essere d'accordo o in disaccordo con la tesi dell'autorità proposta. Certo, ci saranno studenti informati che produrranno buoni testi argomentativi (privi comunque di una qualsiasi bibliografia o  sitografia di riferimento per verificare la validità di quanto sostenuto), ma come sempre si scambierà il talento o la fortuna di qualche studente ben informato sull'argomento giusto nel momento giusto con una traccia ben costruita.
B2 ancora peggio: mai la domanda di senso su un testo in cui, tra l'altro, sarebbe stato facile rintracciare testi e argomentazioni, e addirittura una produzione personale in cui non si chiede di sostenere qualcosa, ma di "parlare del tema". Quindi si scambia un testo argomentativo, comunque monco per i motivi detti sopra, con un testo espositivo.
B3, infine, il testo più interessante fra quelli proposti ma anche quello che più rischia la risposta banale dello studente: magari non ci  si fa caso, ma molto di quello che viene sostenuto dalla fonte ha a che fare con la linguistica e la neurolinguistica, mentre la possibilità che si risponda con il vago rimpianto e il lamento di tempora e mores è alto.
Ma in tutto ciò, le scienze? Nessuna, nessuna traccia che faccia capo al sapere tecnico scientifico tanto vantato dal ministro Valditara: forse a qualcuno quel sapere piace quando si parla di acquisizione di abilità e conoscenze spendibili nel lavoro, non se si parla di metodo scientifico: quella è roba da dinonsauri.

Infatti C1 parte, sì, dall'autobiografia di Rita Levi Montalcini, ma per discutere di un tema molto umanistico (anche se non viene precluso, agli occhi dei più attenti, uno sviluppo metodologico-scientifico), il tema dell'imperfezione e del non compiuto come tratto tipicamente umano. Tutto bello, al solito vale il discorso: senza controcanto, come fare ad evitare che gli studenti siano naturalmente portati a non mettere in discussione l'auctoritas?
Poi la scelta peggiore di tutte, quella della traccia C2: qui si sommano tutti i problemi citati, non per colpa dell'autore del testo proposto, Maurizio Caminito, ma per colpa della costruzione stessa della prova: da quando nelle tracce argomentative ed espositivo-argomentative all'esame abbiamo ridotto il numero delle fonti ad una e una sola, per i ragazzi è diventato più difficile uscire dal rischio banalità. In più, la traccia di tipologia C sarebbe quella più a attinente all'attualità, cosa non sempre vera, ma vera nell'aspettativa, per cui gli studenti tendono a sceglierla dando per scontata l'interpretazione fornita dalla fonte. Ora, il punto è che in questo caso l'internet che descriveva la fonte esisteva nel 2014 ma non più oggi: se nel 2014 effettivamente scrivevamo blog per parlare di noi e sui socialnetwork i contatti erano soprattutto amici e parenti, ora i blog sono sostanzialmente aziendali o di informazione integrati nei giornali e i social sono la gran cassa di influencer e aziende, tanto che sono frequenti i profili social totalmente improduttivi, sicché è discutible il fatto stesso che esista ancora una scrittura diaristica in rete o che esista quella scrittura diaristica che si dà per certa nella fonte proposta. Pretendere che gli studenti si confrontino con una realtà che a) non si studia e b) non hanno anagraficamente conosciuto, e che lo facciano in maniera critica, cioè mettendo in discussione la traccia (cosa che infatti faticano fare gli adulti che quella traccia hanno assegnato) sembra poco credibile.

Cosa possiamo concludere? Che da quando esistono queste tipologie di tracce, dall'anno scolastico 1999-2000, con le succcessive riforme e variazioni, si è ragionato molto sulla tipologia A, complici anche i media che, alimentando la nostalgia degli esami che furono dei genitori, si scordano di occuparsi degli esaminati di oggi. E così se ogni anno si parla del totoautore, meno attenzione si fa a quella che è la vera questione per i nostri studenti, ciò che non sanno, ciò che non sanno fare. I nostri studenti non sanno riconoscere una tesi e le sue argomentazioni, non sanno argomentare per sostenere una tesi. E mentre noi ci diciamo che l'esame, con le tipologie B e C, deve provare queste abilità e competenze, mettiamo gli studenti in condizione di non argomentare e di non analizzare, ma di essere semmai assertivi e accondiscendenti all'autorevolezza (se non all'autorità) che l'adulto fornisce loro, aspettandosi la risposta compiacente. Lo chiamiamo spirito critico, ma si legge autoritarismo.

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