Valutazione, stereotipi e cattiva coscienza
Ci sono due errori valutativi che osservo spesso. Il primo è il fatto che quando dovremmo fare valutazione formativa, cioè durante l'anno, non la facciamo e continuiamo a stampare voti uno dietro l'altro; poi però quando invece dovremmo tirare le fila della situazione, alla fine dell'anno, definendo se gli obiettivi di apprendimento sono stati raggiunti, in che grado e come, improvvisamente, agli scrutini, guardiamo o fingiamo di guardare l'aspetto formativo; allora la paura dei ricorsi, la volontà di non mettere in discussione il proprio metodo di insegnamenti, ci paralizza e ci diciamo che "chissà però forse più in là c'è la farà". Magicamente voti negativi elargiti per tutto l'anno (spesso mai accompagnati da feedback costruttivi) divengono miracolosamente valutazioni sufficienti, anche in questo caso, più per giustificare noi stessi che per fornire poi un riscontro costruttivo al discente. Il risultato è un messaggio contraddittorio che, anziché favorire l'apprendimento, lo disturba.
L'altra cosa che mi fa impazzire è la valutazione inficiata dagli stereotipi, spesso e volentieri stereotipi di genere. Così spesso osservo che dalle ragazze si pretende la perfezione, le ragazze devono studiare, come se da loro, anche al professionale, ci si debba per forza attendere uno sbocco universitario o comunque un impiego "intellettuale"; si pretende da loro di essere mediamente più preparate, e se così non è, le si colpevolizza; i ragazzi invece, generalizzando, possono spesso andare avanti anche se meno preparati perché "tanto alla fine va a lavorare in azienda"; mai che questa frase (che comunque non ha alcun senso dal punto di vista valutativo) venga detta per una ragazza, le ragazze evidentemente agli occhi dei docenti non hanno posto in fabbrica, non hanno posto in azienda. Di più, visto il basso tasso di occupazione femminile, ci si potrebbe attendere la frase "tanto finisce per fare la casalinga", e invece no, lì, chissà perché, viene fuori l'emancipazione femminile. E così le studentesse vengono intrappolate in queste distorsioni che, da una parte, abbuonano tutto l'abbuonabile ad alcuni compagni dell'altro sesso, dall'altro alzano via via per loro l'asticella perché, si sa, "le ragazze sono più studiose".
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