Il Passeggero, Cormac McCarthy
Cormac McCharty, Il passeggero
Partiamo dalle basi: Il passeggero di McCharty è un libro difficile, non per tutti, e lo è per svariati motivi. Intanto per la trama: Bobby Western è un sommozzatore che durante un'immersione scopre i resti di un aereo affondato nell'oceano. Nell'aereo tutto è intatto, ma mancano la scatola nera e uno dei dieci passeggeri registrati nelle liste ufficiali. Da questo momento in poi la vita di Bobby Western sarà in un tanto costante quanto indefinito pericolo, tanto da spingerlo alla fuga.
Tuttavia, immersione e fuga sono anche la metafora della vita del protagonista, costretto perennemente a fare i conti con il proprio passato di fisico fallito e di pilota d'auto reduce da un grave incidente; soprattutto Western vive una perenne fuga e un perenne ritorno all'amore della sua vita, l'amore tanto indicibile quanto ricambiato per la sorella minore Alicia, genio della fisica morta suicida in età precoce. Una trama quindi che ha solo l'apparenza del thriller, ma che si costituisce dietro diverse interazioni, più o meno disturbanti, che conducono all'approfondimento e allo scandaglio dell'io franto dei due protagonisti, Bobby e Alicia. A marcare questa intenzione di analisi psicologica il terzo grande personaggio del racconto, il passeggero del titolo, una sorta mostriciattolo di immaginario di nome Talidomide Kid che imperversa nella psiche dei protagonisti, forse per aiutarli, forse per condurli alla follia.
Un testo difficile, si diceva, per la struttura, con l'alternarsi dei flashback su Alicia e dello sviluppo della vicenda di Bobby, in un andamento sempre più disperante, che sembra voler affermare la malattia dell'uomo in quanto uomo, come condizione ontologica della specie, per la quale lunica soluzione è la distruzione a cui la stessa umana azione inevitabilmente conduce.
Un testo difficile, infine, per lo stile, perché McCharty rifiuta la subordinazione e rigetta i segni di interpunzione, adopera solo la paratassi, virgole e punti. I dialoghi serratissimi si alternano quindi a fittissimi monologhi interiori, con un modo di scrivere che ricorda i maestri del modernismo come Faulkner e Proust.
Ma è tutto l'insieme che urla romanzo della crisi, se vogliamo usare una categoria inflazionata: come se McCarthy si sentisse in consonanza con il sentimento di una cupa e inconsapevole disperazione simile a quella provata dai grandi autori di inizio Novecento, alle prese con l'avvicinarsi del trentennio che avrebbe distrutto per sempre l'inganno dell'innocenza e della superiorità della civiltà occidentale. Nel leggere il McCharty de Il passeggero (infatti ambientato negli anni '80, poco prima della grande rivoluzione del digitale di fine XX secolo) si ha vivida la sensazione che il Novecento non sia mai finito, che le angoscie di cento anni fa siano tutte ancora lì, irrisolte, e che la fine di quel mondo sia stato solo un miraggio e un'illusione.
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