La questione della povertà della Chiesa, come viene dibattuta ne Il nome della rosa, come esempio di produzione e analisi argomentativa
Di recente, insieme a dei colleghi della mia scuola, è capitato di tenere un'ora di formazione su pratiche didattiche orientative e collaborative. In questa circostanza, svoltasi presso un monastero passato di mano in mano tra vari ordini monastici, cluniacensi e francescani compresi, insieme ai compagni di avventura abbiamo presentato ai presenti all'incontro l'attività del debate come pratica strutturata; del debate o dibattito regolamentato però in questo caso abbiamo affrontato soprattutto gli aspetti introduttivi, ovvero le attività che possono servire ad avvicinare gli studenti a questa pratica, come l'uso di giochi didattici, per passare poi alla fase di ricerca delle informazioni e alla strutturazione delle linee argomentative. Nell'affrontare le linee argomentative possibili di due squadre di dibattito abbiamo fatto un esempio, calato nel contesto dell'incontro di formazione. È stata così affrontata una disputa su una questione evidentemente sentita dagli ordini cluniacensi e francescani, ovvero il possesso e l'uso della ricchezza da parte della Chiesa. Per stutturare le linee argomentative si è deciso di adoperare una fonte letteraria nobile ma contemporanea, ovvero il romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco. A partire da alcuni capitoli del romanzo sono state così delineate tre argomentazioni per la squadra pro (la squadra che avrebbe sostenuto la liceità della ricchezza in possesso della Chiesa) e tre argomentazioni a sostegno della squadra contro (quella che avrebbe dovuto sostenere la necessità dell'assoluta povertà per la Chiesa). Di seguito si riportano le mappe argomentative che riassumono questo lavoro.
L'uso delle mappe, come spiegato da Pietro Alotto nel suo recente volume Le mappe argomentative, ha permesso di evidenziare il meccanismo delle inferenze e dei ragionamenti deduttivi e induttivi. Ciò che abbiamo osservato è stato come anche fra i colleghi in pochi avessero chiaro o immediatamente evidente il meccanismo con cui si traggono conclusioni a partire da premesse esplicite o implicite. Risulta così chiaro come, nell'analizzare o nell'affrontare la stesura delle argomentazioni fra docenti e studenti, sia necessario non soltanto evidenziare quanto è esplicito, ma anzi chiedere di esplicitare l'implicito. Osservando le due linee argomentative infatti i colleghi hanno notato come la possibilità di confutazione dei ragionamenti altrui spesso si annidi proprio nell'esplicitare l'implicito, nell'evidenziare le debolezze e gli errori logici di un ragionamento a partire dal non detto: cosa che, se è valida per i docenti, è ancora più necessaria per e nell'apprendimento degli studenti.
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