Valditara, i media e le scuole aperte d'estate (ovvero guardare al dito mentre si dovrebbe puntare alla Luna)

Anche l'estate 2023, come ogni estate, deve seguire i suoi rituali: i tormentoni estivi, gli avvisi agli anziani dei Tg per difendersi dal caldo, i negazionisti del cambiamento climatico, il calciomercato e la gente che chiede di aprire le scuole d'estate. Ecco, al netto del fatto che l'elenco non segue minimamente un'ordine o un criterio d'importanza, nel mio piccolo mi permetto di intervenire sull'ultima questione. Intanto per ricordare che le scuole sono già aperte d'estate: si svolgono le attività di preparazione dell'anno scolastico successivo, i corsi di recupero, nonché banali attività di manutenzione non attuabili con le classi nelle aule. 

Soprattutto, detto questo, se vogliamo parlare delle attività didattiche, permettetemi di porre anche io delle questioni:
1) considerando che già oggi il calendario scolastico italiano è uno dei più lunghi fra quelli dei paesi OCSE, supera i 200 giorni di scuola, ovvero 33 settimane, come si intendono ripartire questi giorni durante i mesi rimanenti se si decide di ridurre i giorni di sospensione d'estate? Si intendono proporre settimane di sospensione per esempio in autunno, in inverno e in primavera, come si fa in Francia? Se così fosse, come si organizzerebbero in quelle settimane le famiglie di lavoratori che avrebbero i figli a casa dalle scuole mentre le attività lavorative sarebbero in funzione? Perché magari non lo si tiene a mente, ma fondamentalmente, come diceva una volta Marchionne, il nostro sistema produttivo è ancora strutturato sull'idea di una fase di riduzione/chiusura d'estate, non su tante piccole chiusure nel corso dell'anno. E come la si metterebbe con il comparto turistico, una delle industrie più importanti del paese, che basa il proprio funzionamento, si pensi al turismo balneare, proprio sulla lunga fase di riduzione/chiusura delle attività d'estate? D'altro canto, se non si prevedono al contempo più interruzioni durante l'anno scolastico, si intende proporre per gli studenti italiani un calendario di 36-37 settimane contro le 33 attuali, arrivando a quasi 240 giorni di scuola?
2) qualora si decidesse di svolgere attività didattiche a scuola durante i mesi di giugno e luglio (o luglio e agosto, o tutto giugno e parte di agosto, ognuno pensi alle combinazioni che predilige) quali strumenti si intenderebbero adoperare per rendere praticabili le aule delle scuole italiane, strutture quasi sempre prive di aria condizionata e adeguati sistemi di deumidificazione, raffreddamento e purificazione d'aria (tutte cose più volte segnalate durante la pandemia, su cui si sarebbe potuto intervenire, anche tramite i fondi PNRR, ma che quasi sempre si è deciso di ignorare)? Qualora si raggiungessero nelle aule temperature superiori ai 35 gradi, per intenderci le temperature per le quali un datore di lavoro può prevedere la cassa integrazione o lo smart working, cosa si dovrebbe fare? Si svolgerebbero comunque le attività? Qualora uno studente dovesse essere colto da malore per il caldo, di chi sarebbe la responsabilità civile e/o penale? E se nelle dette condizioni dovesse accadere ad un lavoratore del mondo della scuola?

Come si sarà capito, porre la questione dello svolgere o meno attività nelle scuole d'estate, senza porre al contempo la questione dell'adeguamento delle strutture, vuol dire parlare senza sapere di cosa si sta parlando. Allo stesso tempo, non pensare che quei giorni di sospensione verrebbero comunque recuperati in altro periodo dell'anno vuol dire non valutare altro tipo di welfare che non sia la scuola. Certo che si può pensare di aprire a luglio o a fine agosto adeguando gli ambienti, ma durante l'anno capiterà comunque che in periodi di sospensione i genitori degli studenti si trovino senza l'appoggio della scuola: non si possono aumentare ancora i giorni di attività per gli studenti italiani, che sono fra gli studenti più stressati d'Europa. Il punto è pensare più sistemi di welfare per i genitori italiani, per esempio aumentando i giorni di congedo, sia nel settore pubblico sia nel privato, e fornendo attività ricreative per i ragazzi, centri di aggregazione fuori dalle scuole. Invece si continua a guardare alla scuola come panacea di tutti i mali, soprattutto come luogo che deve risolvere tutte le disfunzioni della società italiana, quando già a fatica la scuola riesce a fare quello che dovrebbe fare, cioè essere scuola.

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