Parlando di competenze: da Il nome della rosa al dibattito tra virologi durante la pandemia di Covid-19
Spesso nel dibattito pubblico sentiamo parlare di "competenti" e di "competenza"; quando, ogni anno, arrivano i risultati delle prove INVALSI, riparte sui media nostrani il ginepraio sulla perdita di competenze degli studenti, sulla scuola che non insegna, etc; ma anche in altro contesto si tira fuori il concetto di comeptenza, per esempio, chi è competente per parlare della pandemia? Chi per parlare della guerra in Ucraina? Forse quindi andrebbe meglio definito il concetto di competenza, allora, almeno agli occhi di chi, di questo concetto, ha un'idea tutto sommato vaga.
La competenza è il saper adoperare in contesti concreti abilità possedute e affinate e conoscenze acquisite. Proprio per questo la competenza è "plastica", mutevole, ed esiste solo in contesto. In realtà è sempre stato così, anche prima che venisse sviluppato il concetto di competenza: agli albori della scrittura il sapiente non era tale solo perché sapeva scrivere, ma perché con quel sapere faceva concretamente cose dicibili o, altrettanto spesso, solo supposte, indicibili e temute; Aristotele è stato per secoli l'auctoritas non solo e non tanto per quello che sapeva, ma perché con quel sapere aveva sviluppato meglio e più di altri un sistema che pareva dare risposta ad ogni quesito possibile e, ugualmente, pareva dare ordine a ciò che al comune mortale pareva caos. Quindi la competenza è sempre in contesto: ciò che oggi può essere considerata dimostrazione di competenza potrà far ridere in futuro; la fisica aristotelica o il sistema tolemaico possono oggi fare sorridere fisici e astronomi, ma per secoli sono apparsi la migliore risposta possibile a quesiti concreti.
Un altro esempio plastico di cosa voglia dire competenza lo incontriamo nel romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco: il personaggio di Gugliemo da Baskerville è indubbiamente dottissimo, fine teologo, con la fortuna di essersi abbeverato nel sapere e nelle conversazioni con Francesco Bacone e Gugielmo di Occam, di cui, in fondo, riassume metodi e pensieri; però Guglielmo da Baskerville non è l'unico personaggio che può vantare simili conoscenze nel romanzo, anzi, almeno altri due personaggi possono vantare titoli pari ai suoi, Ubertino da Casale e Bernardo Gui. Tuttavia né Ubertino né Bernardo sono in grado di adoperare le proprie conoscenze per venire a capo della serie di omicidi e dei misteri che investono l'abazia dentro la quale si svolgono le vicende narrate nel romanzo. È vero che, per paradosso, Guglielmo arriva per caso alla soluzione del principale enigma del romanzo, trovare l'accesso del Finis Africae nella biblioteca dell'abazia, e l'episteomologia della complessità dovrebbe tenerci sull'all'erta nel pensare che il reale tenda all'ordine, ma proprio perché competente Guglielmo sa insierire una casualità in un sistema in cui saperi e abilità gli permettono di interpretare la realtà che lo circonda e gli consentono di trovare una soluzione ad un problema concreto, la catena di omicidi e il mistero del libro misterioso nascosto nella biblioteca. Lì dove Ubertino non sa cosa cercare e Bernardo interpreta la realtà che lo circonda secondo uno schema consolidato ma non rispondente alla realtà del caso concreto, la censura del falso eretico, Guglielmo ragiona in maniera critica, sviluppa teorie, le prova, le scarta, ne sviluppa altre in maniera creativa, le sottopone a prova. Insomma, si mostra competente.
Venendo a tutt'altro caso, ovvero al dibattito sulla pandemia da Covid-19, un medico che prende posizione sulle misure da adottare per fronteggare la malattia non è competente perché ha studiato per anni, ma è competente perché sa usare in contesto quello che ha appreso in anni di studio. Detto questo, quando chiediamo ai "competenti" di esprimersi, per esempio, sulla pandemia, la prima cosa da fare, certo, è vedere a che titolo ne parlino; ma poi andrebbe fatto un ulteriore vaglio: quando hanno discusso di pandemia, questi competenti hanno centrato l'obiettivo o hanno preso svarioni? Perché nel secondo caso, forse, si sta confondendo tra conoscenza astratta e competenza. Esempi concreti: Zangrillo in tre anni ha più volte fornito interpretazioni e suggerimenti sui comportamenti da tenere durante la pandemia mostratisi poi decisamente sbagliati; qualcosa di simile è accaduto anche con Bassetti; al contrario Crisanti, pur non essendo di per sé un medico, ha adoperato il proprio sapere e le proprie abilità per fornire risposte concrete allo sviluppo della pandemia che si sono rivelate sostanzialmente corrette; lo stesso si può dire delle analisi che sono state realizzate da un fisico come Parisi o per i lavori di tanti statistici o ingegneri che meglio hanno saputo analizzare lo sviluppo del contagio o mezzi concreti per rallentarne la diffusione. Zangrillo e Bassetti sicuramente hanno studiato tanto la propria materia, ed in altri contesti saranno sicuramenti più competenti di Crisanti e degli altri esempi citati, ma non è vantando titoli di studi che possono pretendere di essere considerati competenti: ad oggi non hanno mostrato di saper adoperare le proprie conoscenze per capire la pandemia, ergo, non sono competenti; ciò non vuol dire che non possano essere considerati competenti in futuro, ma questo dipenderà da come adopereranno i propri saperi e le proprie abilità, non dal numero di saperi e abilità che possono vantare di possedere come delle medaglie.
Uguale ragionamento si potrebbe intavolare per quanto riguarda il conflitto in Ucraina: ha titolo a parlare del conflitto come competente in primis chi conosce la questione, non conta tanto come abbia acquisito i saperi per parlarne, ma come poi adoperi quei saperi per analizzare gli avvenimenti in campo.
Ricapitolando: la competenza è sempre in contesto, plastica, mutevole, non si misura in una semplice somma di saperi e abilità, ma è data dall'uso concreto di saperi formali e informali, assieme ad abilità individuali, per risolvere un problema concreto. La competenza non è data dai titoli, ma dipende dai saperi: è indubbio che più so più è probabile che io sia competente, ma questo non è un automatismo. Ne consegue anche altro: se è tutto sommato semplice misurare il possesso di conoscenze, dovrebbe essere altrettanto chiaro che valutare il possesso di competenze è molto molto più complesso, di certo non si può valutare la competenza attraverso batterie di test a risposta chiusa. Quindi, no, le INVALSI non misurano competenze, rassegnatevi.
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