Il nome della rosa, Umberto Eco
Il nome della rosa di Umberto Eco è uno dei capolavori della letteratura italiana degli ultimi cinquant'anni. Già dalla sua pubblicazione nel 1980 il romanzo ha rappresentato la summa del postmodernismo italiano, rappresentando la via nostrana all'acquisizionne delle idee del movimento culturale.
Nel romanzo il protagonista, Adso da Melk, si presenta, all'epoca dei fatti che racconta era un giovane novizio, affidato alle cure del monaco francescano Guglielmo da Baskerville, dotto teologo ed ex inquisitore. I due sono in viaggio verso un'abazia italiana presso cui si terrà un incontro fra i teologi imperiali, fra i quali Guglielmo, e i teologi del papa avignonese. Tema del dibattere è la povertà francescana. In realtà però la permanenza dei protagonisti presso l'abazia viene funestata da una serie di ommicidi e dal mistero della biblioteca labirinto con i suoi inestimabili tesori, tra i quali il libro perduto di Aristotele, il volume sull'arte della commedia.
Il romanzo è scritto in una lingua altissima, che si diverte divincolandosi tra citazioni dotte, latinismi, anglismi, francesismi, nonché nel pastiche letterario che porta i personaggi a parlare talvolta in tedesco o nella lingua di Babele di Salvatore, uno dei personaggi che popolano l'abazia, miscuglio di tutte le lingue con cui l'incolto ha avuto a che fare nella sua vita.
Ma Eco non lavora solo con la lingua: l'occasione gli permette di dissertare di teologia, semiologia, scienze, letteratura, e di esprimere l'assunto del postmodernismo: non esistono fatti, solo le interpretazioni. Così è vero che Guglielmo scopre alla fine la realtà degli omicidi, e prima ancora la soluzione che gli permette di attraversare la biblioteca-labirinto: ma la soluzione degli enigmi è sempre casuale, l'interpretazione che Guglielmo dà ai problemi è al contempo lgica, legittima ed errata. Come sono errate le interpretazioni che altri personaggi danno ai fatti, come Bernardo Gui, inquisitore papale, dotto, coltissimo, fine teologo e totalmente privo della capacità di dubitare del proprio sapere.
Se c'è un messaggio che il romanzo vuole veicolare è proprio questo: l'inno al dubbio come metodo; l'invito a non prendersi mai eccessivamente sul serio, a smascherare l'eccessiva supponenza con il riso comico, consapevoli che "stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus", la rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi.
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