Sulle statue, il patrimonio artistico e la storia

Monumento a Indro Montanelli - Wikipedia
Foto: Wikipedia


È di questi giorni il dibattito sulle statue e in generale sui simboli del passato, come oggetti di ideologica venerazione o contestazione. Ovviamente il dibattito parte dall'osservazione dei fatti che stanno accadendo negli USA e non solo, ovvero la deposizione e l'abbattimento di statue riguardanti gli eroi sudisti, schiavisti e coloniali, nonché di Cristoforo Colombo. A partire da questi episodi la protesta anticolonialista e antirazzista si è estesa anche all'Europa e in alcune circostanze ha fatto assistere alla contestazione di simboli apparentemente intoccabili, come Chirchill, colpevole di essere artefice di una carestia che causò circa 3 milioni di vittime in Bengala, o, in Italia, figure come quella di Montanelli, già in passato contestato per il suo aperto razzismo, maschilismo, nonché per aver aderito al fascismo e per un caso di pedofilia e schiavismo che lo vide protagonista all'età di venticinque anni. Sì sostiene quindi come sia normale e comprensibile che i manifestanti abbattano le statue di simboli controversi del passato; tuttavia chi contesta questa posizione adduce sostanzialmente quattro tipi diversi di argomentazione: 
  1. la cancellazione dei simboli del passato è una forma di rimozione della storia inaccettabile;
  2. la deposizione di statue come quelle di Churchill o Colombo non riconoce i meriti di questi personaggi;
  3. la deposizione di quelle statue decontestualizza l'azione dei personaggi che sono vissuti immersi nella cultura del proprio tempo;
  4. il patrimonio artistico andrebbe sempre tutelato, a qualsiasi epoca appartenga
In merito al primo punto, si può però obiettare che questa posizione esprime esclusivamente il punto di  vista di chi ha scritto la storia condivisa e che, sempre, il tentativo che una comunità di tanto in tanto sente di dover fare di (ri)scrivere una nuova storia condivisa necessità la rivisitazione o, eventualmente, l'abbattimento dei miti precedenti. Inoltre la cancellazione dei simboli del passato che vengono contestati è una rimozione storica fra le mille altre, che non appartiene al campo della Storia come scienza, ma appartiene alla narrazione condivisa e romanzata delle vicende che appartengono ad una collettività e che ha un fine diverso dalla ricerca storica; del resto la stessa narrazione della storia condivisa precedente si è fondata sulla rimozione volontaria o involontaria degli elementi perturbanti la narrazione che, ora, i contestatori rivalutano e rivisitano. 
In merito al secondo punto, si può ribattere che allo stesso modo l'aver eretto quei personaggi storici a simboli attraverso l'erezione di statue ne ha disconosciuto i demeriti o i delitti; la deposizione delle loro statue, lungi dall'essere una rimozione, può costituire quindi un momento di lettura critica dei fatti del passato. 
Riguardo alla terza argomentazione, si può però osservare che la stessa imposizione attraverso l'opera artistica di quei personaggi a simboli universali ne decontestualizza l'azione, rendendola passibile di analisi critica anche molto lontano nel tempo e nello spazio; inoltre non sempre l'innalzamento di statue o l'erezione di opere artistiche sono contemporanei all'azione dei personaggi o  sono arrivati in momenti in cui fosse impossibile l'analisi critica dei personaggi in questione, per cui in questi casi anzi sono le statue stesse che decontestualizzano almeno in parte l'azione dei personaggi storici, come per esempio con il tributo a Montanelli a Milano. 
Infine, riguardo alla difesa sempre e comunque del patrimonio artistico, chi contesta i manifestanti porta esempi come quello del Partenone, che nasce come dimostrazione della potenza imperialistica ateniese ma assurge poi a simbolo universale della grandezza del mondo greco. Al riguardo, è vero che il patrimonio artistico andrebbe in teoria sempre difeso, tuttavia ciò nella pratica può accadere solo in circostanze ben precise, quando quel patrimonio artistico è dievenuto simbolo universale, cosa che non sempre è bene e necessario che avvenga. Non sempre il patrimonio artistico diventa simbolo universale, più frequentemente infatti il patrimonio artistico è in primis strumento propagandistico o ha valore contingente e, in questi casi, il suo valore si annulla finite le circostanze che ne hanno richiesto la realizzazione. Tuttavia anche in quelle circostanze il patrimonio artistico rimane testimonianza di una certa cultura di una certa comunità in una certa epoca e la sua preservazione rimane importante, almeno a fine storico; ma lo stesso tentativo di rimozione di quel simbolo diviene testimonianza di un cambiamento nel sentire di una certa cultura di una certa comunità in una certa epoca.

Per concludere, qualcuno anche da noi ogni tanto tira fuori la necessità di "raggiungere una storia collettiva condivisa" che metta insieme vincitori e vinti. Ecco, per capirci, quello che sta accadendo negli USA e non solo è uno dei momenti in cui si scrive, o si tenta di farlo, una storia collettiva condivisa. Notoriamente il bisogno di raggiungere una nuova versione concordata della storia appartiene ai vinti, i vincitori la loro storia l'hanno usualmente già dettata. Il punto è che non si può scrivere una nuova versione della propria storia (che, come detto, non è la Storia con la "s" maiuscola, frutto di ricerca scientifica, ma è una versione romanzata e di compromesso ad uso e consumo della convivenza collettiva) senza abbattere almeno alcuni capisaldi della narrazione precedente. Ovviamente lo stupore e il terrore dei più conservatori è facilmente comprensibile: per loro la storia è già stata narrata, è quella in cui la loro versione del mondo ha vinto e non c'è motivo per cambiarla. Ma i progressisti? Anche i più progressisti fra di noi gridano all'iconoclastia osservando i manifestanti che attaccano i simboli dei passati regimi, del passato, del racconto tradizionale della storia, per metterne in luce misfatti o altre verità. Eppure è quello che avviene alla fine di ogni dittatura, di ogni oppressione, politica o culturale che sia. Vi stupisce che vengano tirate giù le statue di Colombo o di Churchill, e vi stupisce che si chieda la rimozione della statua di Montanelli: eppure non vi stupisce che chiediate a nuovi scrittori di raccontare una nuova storia tenendo per buoni protagonisti, trama e persino il finale?


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