Platone, Apologia di Socrate



L'Apologia di Socrate è uno di quegli scritti su cui torno quando vivo un momento di ansia o di crisi. L'esempio del filosofo greco allora mi appare come uno dei massimi apporti alla stessa umanità, uno dei momenti più alti della storia dell'Occidente, sempre che l'Occidente esista.
La storia è nota ai più: Socrate, ormai anziano, dopo il fallimento del governo dei Trenta, tra cui il suo allievo Crizia, e dopo la fine ingloriosa di Alcibiade, anch'egli suo discepolo amato, viene portato in tribunale dai nuovi leader della rinascente democrazia ateniese. L'accusa, sebbene grave, è in realtà una scusa per colpire colui che viene considerato il padre putativo degli oligarchi e del più carismatico leader che Atene abbia conosciuto dopo Pericle. Socrate sarebbe un corruttore di giovani e un ateo.
E Socrate si difende, lo fa certo con le parole di Platone, ma non c'è reale motivo per non credere che il filosofo, magari dicendolo in maniera diversa, abbia usato quegli argomenti per parlare al tribunale; un tribunale del tutto particolare, essendo composto dall'intera assemblea legislativa riunita al completo.
Il Socrate che ci racconta Platone è un uomo che non ha paura di morire, e che fino all'ultimo, con il garbo e l'ironia che lo contraddistinguevano, scardina le certezze dei concittadini
Tu non di' bene, o uomo, se credi che uno, valendo pur poco, abbia a ragionare il pericolo della vita o la morte, quando fa alcuna cosa; e non considerare solo se cosa giusta fa o ingiusta, se opera fa di buono o di malvagio uomo. Se no tutti da poco, secondo il tuo discorso, sarebbero quei Semidei morti a Troia; tra gli altri il figlio di Tetide, il quale tanto sprezzò il pericolo per non sostenere vergogna, che, a lui deliberato di uccidere Ettore, dicendo cosí, come penso io, la madre ch'era Dea: «Se tu, o figliuolo, vendicherai la morte di Patroclo, il tuo amico, e ucciderai Ettore, morirai; dopo quello d'Ettor pronto è il tuo fato»; Egli, a udire questo, facendo picciol conto. [...] In verità è cosí, o Ateniesi: dove si pone alcuno da sé medesimo, giudicando essere il suo meglio; o dove posto è da colui che comanda; ivi, ancoraché in pericolo, deve stare; non badando niente né a morte né a null'altro, ma sí alla vergogna.
Socrate batte sul fatto che non può essere la paura della morte a guidare le azioni, anche perché, sulla morte, l'uomo non conosce nulla di certo. E di certo poi, l'ignoranza sulle cose è la caratteristica intrinseca di ogni uomo, che affligge ogni cittadino ateniese, dall'ultimo degli artigiani al più influente dei politici:
E non è ignoranza cotesta, la piú vituperevole, creder di sapere ciò che non si sa? E io, cittadini, proprio in questo differisco forse dai molti; e se cosa ci è, per la quale io affermerei essere piú sapiente di alcuno, questa è, che come non so delle cose dell'Ade, cosí anche credo di non saperne; 
Funzione dell'intellettuale è quindi quella di pungolare, di essere voce critica di fronte alle certezze non suffragate e agli egosimi che contraddistinguono i singoli.
e insino a che io ho fiato e forze non cesserò di filosofare e di dare avvertimenti e consigli a voi e a chiunque mi avvenga, dicendo come son solito: «O ottimo uomo, tu che sei Ateniese, e di una gran città e gloriosissima per sapienza e possanza, non ti vergogni di aver cura delle tue ricchezze acciocché quanto si può elle si multiplichino, e della riputazione e dell'onore; e non avere poi cura e sollecitudine della sapienza e della verità, e dell'anima, acciocché, quanto si può, buona ella divenga?» 
Non stupisce quindi la condanna di Socrate, come condanna del dissidente che, con il suo acume, smaschera verità date per acquisite. Lo stesso filosofo non è stupito, anzi, evidenziando quanto scarsa sia la distanza tra voti a favore e voti contrari alla condanna, smaschera l'opinabilità del voto a maggioranza nello stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è bene e ciò che è male.
anzi mi maraviglio assai del numero di voti dell'una e dell'altra parte, perché non mi pensava che avesse a essere differenza cosí poca, ma sí bene molta. Ma ora si vede che se soli trenta voti fossero caduti giú nell'altra urna, scampava io.
Il filosofo traccia così un confine, da un lato la legalità, sancita dalle leggi e dalla volontà transeunte della maggioranza, dall'altro la giustizia, qualcosa di più alto e imperscrutabile, a cui l'uomo dovrà rispondere innanzi tutto nel suo privato.
E io me ne vado, condannato da voi a essere morto; costoro, condannati dalla verità a essere malvagi e ingiusti; e io accetto la pena mia, e questi la loro. Dovea forse essere cosí, e credo che ciascuno ricevuto ha sua misura.
La morte del filosofo avrà però un effetto dirompente: quello che appare come un evento, per quanto stupefacente, legato alla storia di Atene, diverrà monito ed esempio per la storia dell'Occidente; altri come lui verranno dopo, altri metteranno in discussione le certezze filosofiche e politiche delle comunità.
che tosto caderà sopra voi vendetta, piú aspra molto, per Giove, che non quella che presa avete di me, uccidendomi. Ché voi avete fatto questo, immaginando liberarvi dal dover rendere ragione di vostra vita; ma vi succederà tutto il contrario, vi dico, perché accusatori contro voi se ne leveranno piú molti, i quali ratteneva io, non accorgendovene voi; e piú saranno aspri, dal rampognare a voi la non diritta vita, pensate stoltamente: imperocché non è cotesta liberazione né possibile per niuno modo, né bella;
Il filosofo invero non avrà nulla da temere dai suoi carnefici, perché
Ma dovete sperar bene anche voi, o giudici, in cospetto alla morte: e, se non altro, credere per vero solo questo: che a colui che è buono non accade male alcuno, né vivo né morto, e che gl'Iddii non trascurano le cose sue.
L'Apologia poi si conclude con l'ultima, commovente, raccomandazione del saggio alla città, quella di prendersi cura dei suoi figli come lui aveva fatto dei concittadini, in attesa di un destino che forse sarà più luminoso per il morituro che per i vivi.
I miei figliuoli, quando saranno giovani, castigateli, o cittadini, tormentandoli come io voi, se vi paiono piuttosto aver cura del danaro o d'altro, che della virtú: e se vi paiono voler mostrare d'esser qualche cosa non essendo nulla, svergognateli, come io voi, per ciò che non curano di quel che devon curare e si credono valere qualche cosa, non valendo nulla. Se ciò farete, avremo ricevuto da voi quello che giusto era che ricevessimo, io e miei figliuoli Ma già ora è di andare: io, a morire; voi, a vivere. Chi di noi andrà a stare meglio, occulto è a ognuno, salvoché a Dio.
L'Apologia è opera fondamentale, una di quelle che più ha influenzato il pensiero occidentale e costruito l'identità della cultura europea. Se per una parte considerevole degli europei l'esempio di Cristo è stato fondante, l'influenza socratica risulta incredibilmente sottostimata, strutturando invece la base etica su cui si è costruita tanta parte della nostra narrazione culturale

Platone, Apologia di Socrate, CastelloVolante

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