Il momento in cui siamo diventati uomini moderni
Il grafico in alto mostra l'andamento del popolamento mondiale negli ultimi duemila anni. Osservandolo bene risulta abbastanza evidente come, almeno fino, più o meno, al 1250 d. C., le "regole del gioco" demografico fossero abbastanza stabili e, apparentemente, immodificabili. Sostanzialmente, nell'ambito di una mortalità molto alta e di una aspettativa di vita molto bassa, la società si divideva in due modelli base, anche se poi declinabili con mille sfaccettature, quelli del popolamento basato su società agricole e quelli del popolamento basato su società nomadi. La maggioranza della popolazione viveva così lavorando i campi, all'interno di tre aree che costituivano i principali poli di attrazione, l'Europa mediterranea e occidentale, il subcontinente indiano e la Cina; a quest'ultima in particolare spettava, in maniera schiacciante almeno a partire dall'anno mille, il primato demografico.
Tra XIII e XIV secolo le cose iniziarono gradualmente a cambiare, anche se ciò avvenne con battute d'arresto molto forti, come quella che colpì l'Europa occidentale dopo il 1300: più realisticamente però, il momento in cui, almeno da un punto di vista demografico, le cose sono realmente cambiate va cercato più in là nel tempo, precisamente nel XVIII secolo d. C.
Se guardiamo alla storia demografica fino al XVIII secolo, le teorie di Thomas R. Malthus possono avere un qualche fondamento. Lo studioso teorizzava che ci fosse una disparità esponenziale tra crescita demografica e crescita della produzione, squilibrio che non può non portare alla crisi e al successivo riequilibrio del sistema, che si realizza in un drastico e rapido crollo demografico. Questa teoria funziona benissimo per i sistemi di produzione e più in generale per le società tradizionali, ma dal 1700 in poi semplicemente le cose cambiano.
Dal 1700 circa (ovviamente parliamo di datazioni indicative), la crescita della popolazione mondiale, per quanto si tratti di un aumento della popolazione mai visto prima, è ridotto rispetto alla crescita della produzione, grazie all'avvento delle nuove tecnologie, soprattutto, sempre in sviluppo, del sistema industriale, grazie inoltre alle nuove conoscenze scientifiche, in primis le moderne cure mediche, e ai conseguenti cambiamenti nelle abitudini e nel modo di vivere.
Per essere più precisi, se prima del '700 e delle sue rivoluzioni culturali ed economiche il sistema di produzione appariva un sistema chiuso, da questo momento parliamo di un sistema aperto, in cui il continuo immettersi di nuove tecnologie e conoscenze rompe gli argini dei limiti malthusiani, confutandone le tesi.
È quindi superfluo dire che il tentativo di continuare ad adoperare le teorie malthusiane appare, senza opportune e poderose correzioni, inutile.
In ultima analisi, se dovessimo tentare di definire quando e in che modo siamo diventati uomini moderni, è al '700 che occorre osservare, e riconoscere che, se si guarda alla storia del lungo periodo, è quello il momento in cui abbiamo abbandonato la società tradizionale per diventare qualcosa di diverso (per lo stesso motivo, ogni tentativo di richiamarsi alla società tradizionale, alla lettera, è un tentativo di tornare ad un'età premoderna, cosa di cui andrebbero spiegate nel dettaglio le conseguenze).
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