Esami di Stato, giornali, tv e scuola di classe



Passata la seconda prova dell'esame di Stato 2016/2017, una cosa mi amareggia particolarmente, ovvero il fatto che, malgrado gli anni passati dall'epoca di Gentile, nel modo in cui parliamo della scuola italiana siamo ancora fermi alle posizioni di chi divideva in scuole di serie A o serie B (se non LegaPro), a seconda degli indirizzi frequentati dagli alunni.
In che senso? Basti pensare al battage mediatico sulla seconda prova: chi sa che prove sono state assegnate, non dico agli altri licei (qualcuno forse avrà sentito di Eco al liceo delle Scienze Umane), al di fuori di Classico e Scientifico, ma, che so, agli Istituti Tecnici o, peggio, ai Professionali? Ci sono tre quarti dei ragazzi che si stanno accingendo all'esame di Stato di cui, saccentemente, ci frega poco o nulla.
A dire la verità sui giornali qualcosa è comparsa: in ordine sparso i principali quotidiani nazionali (Corriere, Repubblica, Il Giornale e La Stampa su tutti) hanno pubblicato i testi delle prove proposte per alcuni istituti tecnici e per gli istituti alberghieri (ovviamente non tutte le articolazioni o tutti gli indirizzi). Senza soluzioni, perché al grande pubblico (che non ha fatto né Classico né Scientifico...) può interessare solamente leggere la traduzione di Seneca o la soluzione del problema matematico. Quello che stupisce davvero è come invece siano proprio gli insegnanti a non interessarsi della qualità delle suddette prove: detta in altre parole, ovunque sui gruppi social di insegnanti vedrete disquisire di Caproni, della bicicletta del MoMath Museum Of Mathematics di New York, ma di tutti gli altri, quelli delle scuole sfigate, gli alunni di serie B, nel loro caso non conta sapere se le prove somministrate valorizzassero o no le competenze, fossero facili o difficili, seguissero o no un indirizzo politico.
La realtà è che, al di là delle belle parole, i primi a fare una distinzione di classe e di censo, ancora oggi, nelle scuole, siamo noi insegnanti: soprattutto quelli che si vorrebbero fare portavoce della cultura della sinistra dai salotti dei licei.
Per questa ragione, e riprendendo quanto ho scritto su Facebook:
Proposito per il prosieguo degli esami di Stato e per il quieto vivere con i colleghi: ogni volta che citerete don Milani, la scuola e la sua funzione sociale, la lotta di classe, l'importanza dei contenuti, il ruolo fondamentale dell'esperienza, il rischio della pedagogia, lo schiavismo delle competenze, senza esservi mai fatti un giorno di istituto professionale o, peggio, di formazione professionale, verrete da me spernacchiati e villipesi per una durata di tempo variabile a seconda delle proporzioni della minchiata che avete asserito, secondo una scala di misurazione che va da zero a dichiarazione di Fusaro.

Commenti

Post popolari in questo blog

La sessualità nell'antichità

Alessandro Baricco, Castelli di rabbia

Saggio breve: D'Annunzio, una vita per la bellezza