Augias e il peso delle parole

“Mi ha fatto impressione il contrasto tra lo sfondo, con quella statuina dorata di Padre Pio, e questa bambina, che aveva 5-6 anni. La guardi bene, guardi come è atteggiata, come è pettinata, come sono i boccoli che cadono. Questa qui è una bambina che ha 5-6 anni e che si atteggia come se ne avesse 16-18. Tutta la mia pietà per questa povera madre, per carità, ma c’è questo stridore che mi fa capire che anche lì si erano un po’ persi i punti di riferimento" (FONTE: LA7)



Chi, dotato di buon senso e un minimo al corrente delle dinamiche del web, qualche giorno fa ha visto in diretta Di martedì e ascoltato le parole di Corrado Augias, immediatamente deve aver pensato al putiferio che avrebbero scatenato. Infatti, come da copione, il giornalista-scrittore è stato massacrato - e non è la prima volta - con l'accusa di aver giustificato lo stupro della piccola bambina in questione con le sue parole. Ma è proprio così?
A riascoltare le parole di Augias, trascritte sopra, si capisce subito di avere a che fare con parole forti; quello che però traspare di meno, è che si ha anche a che fare con parole colte. Proviamo ad analizzare il testo, passando successivamente da un piano denotativo ad uno connotativo.

"Mi ha fatto impressione il contrasto tra lo sfondo, con quella statuina dorata di Padre Pio, e questa bambina, che aveva 5-6 anni."
Il primo periodo di Augias è essenzialmente descrittivo, analizza l'immagine che la famiglia ha scelto di mostrare per far conoscere attraverso i media il volto e la storia della propria figlia. Ciò che Augias fa notare è la scelta, probabilmente inconsapevole, di autorappresentazione - ma il fatto che sia inconsapevole non elimina la scelta -: Padre Pio, quindi la connotazione religiosa, una famiglia credente (e credente in un certo tipo di fede cristiana, quella delle implorazioni ai santi e del folklore popolare) e accanto la bambina, una bambina di 5-6 anni.

"La guardi bene, guardi come è atteggiata, come è pettinata, come sono i boccoli che cadono."
Continua la descrizione, questa volta si concentra sulla bambina. Emergono dei dettagli, occorre ripeterlo, sono i dettagli che non vengono fuori da un'immagine casuale, per esempio quella della salma appena ritrovata, ma la scelta di rappresentazione della famiglia. Augias invita a stare sui dati, a guardarla l'immagine.

"Questa qui è una bambina che ha 5-6 anni e che si atteggia come se ne avesse 16-18."
Augias, partendo dall'immagine fornita e nota al pubblico, fa una considerazione: la bambina assume atteggiamenti che non sembrano gli atteggiamenti di una bimba di 6 anni. Si tratta di una considerazione "iconografica": i vestiti, i capelli, l'atteggiamento. Per carità, l'analisi iconografica ha sempre un ampio margine di interpretazione soggettiva, eppure, se condotta bene, con realistici criteri di osservazione, assume una credibilità che va combattuta nel merito, per esempio contestando che l'abbigliamento o l'acconciatura della bambina siano esclusiva degli adolescenti e degli adulti.

"Tutta la mia pietà per questa povera madre, per carità,"
Con questa frase Augias chiarisce che non sta esprimendo alcuna accusa alla famiglia di esplicito disinteresse nei confronti della bambina; anzi, nei confronti della morte e della sofferenza, non può non esprimere umana pietà.

"ma c’è questo stridore che mi fa capire che anche lì si erano un po’ persi i punti di riferimento"
E qui sta il nodo della questione: nella volontà di rappresentare la figlia in quel modo (Padre Pio, i vestiti e gli atteggiamenti da adolescente), Augias nota un fenomeno ben preciso, ovvero la sessualizzazione di una infante. La sessualizzazione è un fenomeno noto fra chi lavora con e tra i minori, ed è uno dei primi campanelli d'allarme riguardo a stati di sofferenza psicologica, anche dovuti a violenze. Si tratta di un concetto tecnico, che appartiene al campo degli studi psicologici e sociali.

Che conclusioni si possono trarre?
In primis, ad una attenta analisi si può constatare come nulla dica che Augias incolpi la bambina per le violenze che ha subito. DI più, nulla dice che Augias incolpi la famiglia per le sofferenze e le violenze subite dalla bambina. Augias, partendo dall'analisi di una immagine, osserva un fenomeno noto alle persone competenti. Augias fa il suo lavoro, insomma.
Certo, si può discutere dell'opportunità di un'analisi condotta su una sola immagine, ma per l'ennesima volta occorre ribadire che la diffusione di quella immagine sembra essere una scelta voluta della famiglia ed è quindi quanto meno indicativa. In secondo luogo occorre ricordare una banale regola di buon senso: si analizza quel che si ha.
In ultimo si può rimproverare ad Augias di non essere stato particolarmente chiaro nella comunicazione del suo pensiero: in particolare, ciò in cui ha peccato Augias è stato il riferimento al contesto, che andava chiarito, specificando che il suo "si erano un po’ persi i punti di riferimento" si riferiva ad un concetto tecnico che appartiene agli studi psicologici e sociali. Ma ci si deve porre poi una domanda: è legittimo che l'ascoltatore (o il lettore) pretenda sempre l'appiattimento e l'abbassamento del livello culturale della discussione?

Questa pecca nella chiarezza della comunicazione, legittima il linciaggio subito da Augias?
No, e va detto chiaramente. Perché nella maggiorparte dei casi, chi oggi critica Augias non comprende neanche il messaggio dell'autore. Le accuse mosse ad Augias, "che secondo lui la bimba se la sia cercata" o che "secondo lui la colpa sia della famiglia che ha educato male" non sono pensieri dell'autore: sono il frutto di una mancata comprensione del testo nel suo significato letterale e, quindi, di un passaggio erroneo dal denotativo al connotativo. Per di più questi errori nell'interpretazione del testo hanno scatenato tutto un corollario di retropensieri, le accuse di nepotismo nei riguardi della figlia, per esempio, che mostrano uno dei limiti della comunicazione scritta all'epoca della rete, ovvero la diffusione del diritto alla scrittura (la parola sacra perché permane nel tempo) non accompagnata da un'adeguata educazione al dovere della parola scritta. Uno dei tanti corollari dell'analfabetismo funzionale tanto diffuso nel nostro paese.

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