La mia esperienza con la classe capovolta
Come docente nell'anno scolastico 2015 - 2016 ho deciso di sperimentare in maniera sistematica la "classe capovolta", e questo post sul blog vuole essere una prima, per forza parziale, cronaca di questa esperienza.
In primis, cosa vuol dire classe capovolta?
Si tratta di una metodologia didattica nata negli USA, sebbene non priva di storici precedenti, con ormai diversi esempi di applicazione anche in Italia e che prevede l'inversione dell'ordine tradizionale lezione/compiti per casa. Questo spostamento dei fattori che compongono le fasi principali dell'apprendimento scolastico permette, almeno in linea teorica, di puntare prevalentemente sulle attività laboratoriali da svolgere in classe; in questo contesto, il ruolo del docente muta, da trasmettitore di conoscenze l'insegnante diventa facilitatore nella costruzione autonoma dei saperi da parte dei discenti, i quali, in aula lavorano autonomamente o in gruppo svolgendo attività di ricerca attiva e guidata.
Ma in concreto, cosa si fa?
In concreto la sperimentazione sta avendo luogo solo in una delle tre classi presso cui svolgo il mio servizio, in particolare nelle ore di storia (sebbene non escluda che in seguito il numero di insegnamenti coinvolti possa crescere).
L'attività, che mira al potenziamento delle competenze legate alla sfera della ricerca autonoma, della costruzione dei saperi, di quelle legate alla socialità e al lavoro di gruppo, del problem solving, si svolge in diverse fasi: in primo luogo gli alunni, preliminarmente ad ogni ora di storia, prendono visione di videolezioni prodotte dal docente (ma potrebbero benissimo essere altri materiali) che serviranno per inquadrare il tema su cui poi si lavorerà in classe. Durante la visione delle videolezioni gli alunni sono tenuti alla compilazione di questionari e test semistrutturati che, di volta in volta, serviranno a mantenere viva l'attenzione e a verificare la reale comprensione di quanto visto e sentito.
Successivamente, in aula, gli alunni ricapitolano insieme al docente quanto hanno visto, cogliendo l'occasione per esporre i propri dubbi, chiarire passaggi eventualmente risultati poco chiari. A questa fase segue la fase di vera e propria costruzione autonoma dei saperi: i ragazzi, in gruppi o autonomamente, lavorano su materiali forniti dal docente (fonti dirette o indirette, materiale iconografico, schemi, mappe, etc.): da questi materiali, guidati dal docente, i diversi gruppi di lavoro dovranno ricavare le informazioni di volta in volta richieste per produrre poi della documentazione che attesti il lavoro svolto (timeline, relazioni, microsaggi, presentazioni...).
E le interrogazioni?
Ovviamente le interrogazioni non vengono cancellate: la classe capovolta non sostituisce la valutazione formativa e sommativa dei singoli, ma amplia gli strumenti di valutazione. Nel caso specifico, gli alunni, allorché interrogati, espongono individualmente o in gruppo gli argomenti di studio insieme ai materiali prodotti nel lavoro autonomo di ricerca, permettendo di avere quindi un quadro più ampio sull'argomento oltre che maggiori strumenti per ampliare e arricchire e proprie conoscenze.
Ma allora, perché non tutti amano la classe capovolta?
Forse perché, ed è giusto non nasconderlo, questa pratica didattica comporta indubbiamente una redistribuzione delle ore di lavoro, sapendo di dover spendere molte più ore per le ore di attività laboratoriale e per la preparazione dei materiali da fornire alle classi. Per essere precisi, pensare di proporre la classe capovolta su tutti gli insegnamenti di una cattedra di diciotto ore probabilmente implicherebbe un lavoro preliminare di mesi, o una preparazione collegiale e dipartimentale.
Inoltre, un altro limite evidente della classe capovolta sta nelle stesse modalità di fruizione dei materiali da parte della classe: il rischio è che un alunno che non capisca qualcosa nella videolezione rimanga con il dubbio irrisolto, specie se si tratta di un alunno timido che non si esporrà durante la fase di chiarimento in classe. Proprio per questo occorre che le modalità di lavoro siano ben chiare e che gli alunni capiscano che ogni occasione di apprendimento che non utilizzeranno sarà, semplicemente, un'occasione persa per loro e per la comunità.
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