Tristano muore, Antonio Tabucchi
immagine: Feltrinelli editore
Tristano vuole raccontare una storia, prima di morire, al suo "scrittore". È, o dovrebbe essere, la storia della sua vita. Ma della storia di Tristano, eroe partigiano, non compaiono che frammenti, dello stesso Tristano non conosciamo che pochi cenni biografici; persino il suo interlocutore p una figura evanescente: scrittore non ha un nome, non ha una sua vita, una sua parola.
Tabucchi accompagna il lettore attraverso il soliloquio di Tristano, nel continuo inseguirsi di scene di cui a poco a poco vengono approfonditi i dettagli: è nei dettagli, infatti, che Tristano trova l'importanza della sua storia, non nella storia in sé. Così mentre la cancrena gli rosicchia a poco a poco una gamba e la vita, le ore si accavallano, senza un ordine. Lo scorrere stesso delle giornate perde la sua oggettività e segue la semplice percezione del vecchio e malato, sempre più debilitato e incosciente, fino alla sua morte. Alle ore che si dipanano si accostano le apparizioni di diverse figure, in primis la Frau, sempre accanto a Tristano, pronta ad alleviarne le sofferenze con la sua presenza austera e le sue poesie in tedesco, o Rosmunda, americana piombata nella vita di Tristano, pronta a sconvolgerla senza mai entrarci davvero; il capitano, coprotagonista involontario (e vittima) dell'atto che porterà Tristano all'essere un eroe; Daphne, infine, l'amore greco di Tristano, la donna che lo conduce, per pochi attimi e in una passione che è solo platonica, in altri mondi e tempi, nel mito della classicità, lui che invece vive nel mondo di Hemingway e deve assistere, impotente, alla nascita della contemporaneità e della sua crisi di senso.
Tristano muore è opera postmoderna, combinatoria, sferzante verso il mondo e i suoi non sensi, alta. Tristano muore, sottotitolato una vita, non racconta una vita, perché la vita non si può raccontare, si può solo vivere; perché il paradosso non è, nell'Universo, la morte, il non esserci; il paradosso è l'esserci, e nulla meglio delle parole, che mentre ci sono già non ci sono più, può rappresentare questo non senso.
Con questo turbinio di immagini, il mescolarsi di sogno e realtà, di percezione e oggettività, di senso e non senso, Tabucchi riavvicina il suo lettore alla Letteratura con la L maiuscola, pretendendo da questi attenzione, anche solo per scoprire che il suo tempo non va sprecato.
Commenti
Posta un commento