La rivoluzione del paese che passa per la scuola
foto: Metronews
Qualche giornale si degna di parlarne, come fa Metronews con l'articolo dell'ottimo Salvo Amato, o come Repubblica e Il Messaggero, dando però più spazio ai cortei sindacali. Una forza politica, il Movimento 5 Stelle, pur non avendo nulla a che fare con la protesta, tenta di prendersene il merito. Eppure ieri sera in tutta Italia è accaduto qualcosa che fino ad ora nel nostro paese non si era visto: una protesta, quella degli insegnanti della scuola pubblica, nata dai social network, senza leader dichiarati e senza, almeno fino ad oggi, reali interferenze partitiche o sindacali. O meglio, per essere chiari, i partiti o i sindacati cercano e cercheranno di canalizzare la protesta dei docenti verso i loro programmi, ma fino a questo momento il malcontento della classe docente ha visto una netta preponderanza della canalizzazione attraverso i social e i gruppi ad essi dedicati, in primis su Twitter e su Facebook.
In questo contesto il gruppo di La Vera Scuola Gessetti Rotti, con al suo interno la redazione di Metronews, di cui indegnamente faccio parte, è uno degli agenti, non certo il solo, che cerca di aggregare e coordinare teste pensanti all'interno dell'organico della scuola pubblica, in vista di una rivoluzione culturale che non può non partire dai suoi stessi agenti, ovvero coloro che la scuola la fanno, prima ancora che dirla o dichiararla in comizi e programmi televisivi.
Esiste un leader dichiarato in questa ferma opposizione al disegno di legge La Buona Scuola? No. Il movimento dei docenti italiani che stanno iniziando a riempire le piazze del paese si configura come un movimento leaderless, formato da gruppi di confronto, anche con posizioni molto diverse tra di loro, ma uniti dal fatto che La Buona Scuola di Renzi non può essere accettata, sia nel merito che nel metodo. Nel merito, perché i rischi di incostituzionalità di alcune sue parti sono evidenti, cosa ancora più grave in un settore, quello della scuola pubblica, già gravato da più di un decennio di malagestione, norme incostituzionali e contraddittorie, fino ad arrivare al commissariamento del ministero sotto il dicastero della Gelmini, proprio sulla questione del reclutamento dei docenti. Anche questa volta il nodo della questione è il reclutamento. Infatti non va dimenticato che l'art. 33 della Costituzione sancisce la libertà dell'insegnamento, mentre il DDL presentato dal governo Renzi prevede una sorta di chiamata diretta dei docenti da parte dei singoli dirigenti scolastici. È evidente come una simile soluzione sarebbe una limitazione alla libertà d'insegnamento: lì dove un dirigente dovesse poter chiamare i docenti che gli sono più graditi, specie se, come accade in questo DDL, non ci fossero organismi e forme di controllo del suo lavoro, facilmente i docenti sarebbero ridotti ad una sorta di ricatto morale, adeguamento alle richieste del dirigente scolastico, sino al vero e proprio clientelismo.
In quest'articolo non ci nasconderemo il fatto che spesso la libertà d'insegnamento è stato il nascondiglio per chi poco sa e poco vuole fare a scuola. Ma gli strumenti per punire i fannulloni sono già alla portata dei dirigenti scolastici e dei sindacati. Invece la libertà d'insegnamento nasce, nello spirito costituzionale, dalla necessità di difendere la libertà di pensiero e di critica, proprio a causa dell'esperienza di un ventennio, quello fascista, che tale libertà aveva umiliato e, infine, annullato. Non per niente la scuola fascista aveva previsto un libro di testo unico, approvato dal regime, e la chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi.
Nel metodo poi la riforma viene contestata da chi nella volontà di collaborare, da parte del governo, aveva creduto. Le proposte raccolte sul portale ad esse dedicato, dove sono finite? Dove sono finiti le richieste e i suggerimenti pervenuti al governo nelle tante assemblee di docenti? Di tutto ciò si è fatto carta straccia.
Certo, il movimento nascente dei docenti, dovrà farsi, oltre che catalizzatore della protesta, collettore di idee. Idee concrete, realizzabili, per non screditare il lavoro fin qui svolto. Proposte come quelle della LIP, la Legge d'Ispirazione Popolare attualmente al vaglio delle commissioni parlamentari sono oggettivamente poco realizzabili, almeno in toto. Lo stesso vale per le proposte del Movimento 5 Stelle, pronto a cavalcare l'ondata antigovernativa, magari a proporre singoli provvedimenti di buon senso, ma incapace di raccogliere le buone idee che circolano in un piano organico.
I docenti oggi sono chiamati ad essere gli apripista di un rinnovamento culturale che, lontano dal voler sovvertire la democrazia e le istituzioni, ne sia difesa e complemento. Un lavoro di costante vaglio critico, di proposta, di memoria condivisa. I docenti italiani possono oggi, a partire dalla scuola pubblica, esercitare un'importante funzione che dovrebbe appartenere alla cittadinanza in toto, quella di moral suasion e di eserizio del potere, che, lontano dall'essere calato dall'alto, è innnanzitutto esercizio di rappresentanza e di responsabilità.
Forse il nostro movimento, il nostro Occupy, non nascerà dalla protesta contro le banche, ma dalla protesta dietro i banchi.
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