Insegnare letteratura oggi
Cosa facciamo quando scriviamo? Cosa facciamo quando scriviamo poesia? Cosa insegnamo a scuola quando parliamo di letteratura? Queste domande, apparentemente banali, hanno trovato innumerevoli risposte nel corso dei secoli. Nessuna di queste risposte ha però mai potuto sperare di essere la risposta definitiva, forse perché l'argomento è talmente complesso da fuggire da una soluzione univoca. Eppure non possiamo fare a meno di porci queste domande, e non possiamo non farcele anche noi insegnanti, che la letteratura la dobbiamo spiegare.
Perché l'uomo scrive?
L'uomo scrive, ma non lo ha sempre fatto. La scrittura nella storia dell'uomo è un'invenzione relativamente recente, possiamo dire che il 99% della nostra storia si è svolta senza testi scritti. Questo non vuol dire certo che l'uomo non comunicasse, anzi. Ciò che cambiava erano codici e canali di comunicazione. Occorre notare qui che questi cambiamenti non sono da poco né neutri, perché sappiamo bene come codice e canale modifichino anche l'atteggiamento del mittente e dei destinatari nei confronti del messaggio. Tuttavia, rimane un nocciolo comune alla storia dell'uomo, il bisogno di comunicare, qualsiasi sia il modo o lo strumento che si adoperi per farlo.
Ma perché la letteratura, e, nello specifico, perché la poesia?
Ecco, se dovessi dare delle risposte a queste domande, direi che una risposta non c'è; c'è una mezza risposta.
La letteratura, nel senso più ampio del termine, esiste perché raccontare ci definisce. Raccontare ciò che facciamo ci definisce, rispetto agli altri nostri simili e rispetto a coloro che sentiamo diversi. Ci definisce persino rispetto al resto della natura, avvertita come incapace di raccontare. Raccontiamo perché siamo uomini, iniziamo a farlo appena nasciamo, piangiamo e urliamo perché raccontiamo il nostro stupore, e continuiamo perché raccontiamo i nostri bisogni primari. Crescendo impariamo a raccontare bisogni e necessità sempre più evoluti, sviluppati, complessi. A volte arriviamo persino a metterli su carta; altre volte su tela, o li scolpiamo su un pezzo di marmo o di argilla, altre volte ancora li filmiamo con una telecamera o una webcam. Il più delle volte ci limitiamo a dirli a voce, parole che sfuggiranno nel momento stesso in cui verranno proferite. Ma il bisogno che muove tutti questi atti non è diverso.
La letteratura esiste perché abbiamo bisogno di mettere assieme i fatti, abbiamo bisogno di metterli in sequenze, di collegarli fra di loro, di tramandarceli in forme che siano valide per tutti, e in primo luogo in forme che siano valide per chi le pensa, le elabora, le dice. Lo scopo della letteratura non è diverso da quello della storia o da quello della scienza. La letteratura ci serve per spiegare il mondo, e, nel fare questo, spiegare noi stessi.
E la poesia?
Beh, abbiamo appena detto che la letteratura serve a spiegare il mondo. Ecco, un piccolo atomo sperduto in questo mondo è l'uomo, e la poesia quasi sempre serve proprio a spiegarsi l'uomo. La poesia, la lirica in particolare, non serve esclusivamente a "raccontare" il mondo, ma nello specifico serve a "raccontarsi". A raccontare l'uomo all'uomo, a definire ciò che è umanità da ciò che non lo è, nelle diverse epoche e nei diversi luoghi. Saremmo nel torto nel pensare che il raccontarsi appartenga solo alla poesia. Qualsiasi narratore si racconta mentre racconta qualcos'altro. la scelta del nostro soggetto, dell'argomento della nostra narrazione non è mai neutrale. Decidiamo di parlare di qualcosa perché, nel farlo, decidiamo di dire anche qualcosa di noi stessi. Ciò non toglie che, se esiste una forma letteraria che più nel corso della storia dell'umanità si è adattata a questo scopo, questa forma è stata la poesia.
La letteratura, la poesia in particolare, servono a dire cos'è il mondo e cos'è questo piccolo atomo chiamato uomo che nel mondo si aggira. Questo nostro messaggio sgangherato, fratello delle altre arti come delle scienze, è un farmaco ad un tempo sia per chi lo produce, che nel farlo, anche attraverso un parto doloroso trova se stesso, sia per chi la letteratura la riceve, la legge, la gusta. Chi magari non è o non si sente in grado di dirsi come farebbe uno scrittore, ma sente il bisogno almeno di sentirsi raccontato, e per farlo sceglie che questa operazione venga svolta da chi, si spera, sappia farlo con le parole più belle, con le espressioni più icastiche, con le frasi che più sappiano cogliere l'essenza di ciò che siamo, come di ciò che non siamo.
La letteratura risponde ad un istinto, ad un bisogno, ed è per questo che sentiamo il bisogno di farla come di tramandarla. Di spiegarla a scuola. La letteratura, come le altre arti e le scienze, ci rende uomini nel senso più alto e pregnante del termine. Un istinto che, consapevolmente o no, proviamo tutti. Un istinto a cui rispondiamo in mille altre maniere, non dobbiamo illuderci. La letteratura non è la vita nella sua interezza e non è l'unico strumento che sia in grado di raccontarla. Cinema, pittura, scultura, tutte le arti, lo studio di ogni scienza, tutti questi sono strumenti che si rivolgono, in ultimo, allo stesso obiettivo. Dire cos'è l'uomo, dire cos'è ciò che ci circonda e cercare di trovare una spiegazione al nostro esistere in questo ambiente. Tutto qui.
Un'ultima considerazione: la letteratura non per forza esisterà per sempre. Quando essa smetterà di parlare a qualcuno, quando la sua voce non servirà più, la letteratura morirà. Cosa che non ne ridurrà il valore che oggi, come nel corso degli ultimi trenta secoli, ha e ha avuto. Un valore universale pur nelle differenze nel tempo e nello spazio. Un valore che, ci auguriamo, questo strumento continuerà ad avere ancora per lungo tempo, un valore da nutrire, da far proliferare e da diffondere. La letteratura è strumento di conoscenza, e come ogni strumento di conoscenza è stata anche vittima e carnefice. La letteratura ha avallato le peggiori guerre e persecuzioni, così come è stato stimolo e strumento per il progresso dell'uomo. Tutto ciò perché coloro che si sono imbattutti e impelagati in questo strumento, chi più e chi meno, hanno sempre lavorato sulla stessa domanda, sullo stesso obiettivo. Dare forma con le parole alle paure e alle speranze dell'umanità, dare una definizione persino di ciò che dovrebbe essere o di ciò che è l'uomo.
Per tutti questi motivi pensiamo che ancora oggi abbia senso fare e parlare di letteratura. Per questi motivi pensiamo che abbia senso conoscere anche le letterature delle civiltà lontane, nel tempo e nello spazio. Uno studio che, anziché ridotto in favore di calcoli opportunistici ed economici, andrebbe favorito e ampliato, a cui andrebbero dedicate sempre più ore e impegno, a fronte di quanto invece avviene nella scuola contemporanea. Possiamo discutere dell'ammodernamento delle metodologie didattiche, ma con una consapevolezza. Non esiste metodologia didattica senza un obiettivo di fondo da definire chiaramente e da raggiungere, e oggi, in chi pensa e gestisce la scuola, questo obiettivo, nella sua funzione più alta di formazione di individui e cittadini, non esiste o è annebbiato da interessi che con la scuola non hanno a che fare, come l'addestramento di lavoratori e consumatori.
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