Ci sono due coccodrilli ed un orangotango... sulla satira e i suoi fraintendimenti
Fra le tante questioni apertesi in Europa con gli attentati di Parigi, una che sta sottilmente attraversando l'opinione pubblica e gli scritti degli intellettuali o presunti tali è la questione sulla legittimità e i limiti della satira.
Lo dico subito. Non mi sento e non mi riconosco nella definizione secondo cui tutti siamo Charlie Hebdo. E mi spiego, ma almeno abbiamo tagliato la testa al toro.
La libertà di stampa e di opinione, compresa la libertà di satira, come sappiamo, è una delle grandi conquiste della cultura occidentale, conquista nel calderone delle libertà individuali inviolabili. Quelle libertà e quella difesa dell'individuo che, ci hanno insegnato i totalitarismi tutti occidentali del Novecento, sono l'unica difesa contro l'imposizione di uno stato etico.
Ma come lo stesso Novecento ci ha insegnato, il limite delle libertà individuali si pone nelle libertà altrui e nel principio di responsabilità individuale.
Prima di essere accusato di qualsiasi appoggio alle posizioni dell'estremismo islamico, no, non sto legittimando gli attacchi terroristici, reazioni estreme e sproporzionate ad una offesa che, se anche ci fosse stata, si sarebbe dovuta dimostrare e affrontare attraverso le consuetudinarie vie legali. Questo è ciò che richiede l'esistenza stessa di uno stato nato dalle ceneri dello stato liberale, uno stato che si pone come arbitro nello scontro sociale, che non prende le parti di nessuno ma garantisce che i diritti di tutti siano rispettati, valorizzandone le specificità.
Ma non ci possiamo nascondere: non tutto è satira. Molto di quanto viene pubblicato sotto questo nome è, ad andar bene, spazzatura.
Prendiamo questo meme che tanta diffusione sta avendo su Facebook, a partire dal caso di cronaca del Leghista condannato per aver postato la foto della ministra Kyenge ritoccata, modificandone il foto con quello di un orangotango. Si tratta esattamente della stessa cosa? No, la differenza c'è, e pure tanta. La prima vignetta, anche se discutibile, accosta l'immagine di un politico alle sue abitudini sessuali, dimostrate. Magari la vignetta è di cattivo gusto, anzi sicuramente lo è, ma si fonda su fatti. Fa satira. La seconda su cosa si fonda? Su, ad andar bene, un pregiudizio, una somiglianza, supposta, che è discriminatoria perché nasconde l'idea che le persone di colore non siano uomini. Idea tra l'altro che è stata diffusissima nella cultura occidentale e che ancora fatica a sparire. Questa non è satira, è spazzatura, oltre che una vignetta discriminatoria.
Perché possiamo dire che questa è satira? Quella di Crozza, nelle diverse rappresentazioni di Brunetta e Bersani, è satira non perché faccia la semplice caricature dei due politici. Se vogliamo questa è la parte della sua satira che funziona di meno, anzi, che quando fa Brunetta mettendosi in ginocchio è francamente volgare. Ma la satira di questi due personaggi funziona perché gioca, portandoli agli estremi, sugli strumenti retorici dei due, sugli atteggiamenti, sulle idiosincrasie dei due personaggi. Non su invenzioni non provate, su falsi, su accuse infondate. Lo stesso vale per la satira di Matteo Renzi.
Lo dico subito. Non mi sento e non mi riconosco nella definizione secondo cui tutti siamo Charlie Hebdo. E mi spiego, ma almeno abbiamo tagliato la testa al toro.
La libertà di stampa e di opinione, compresa la libertà di satira, come sappiamo, è una delle grandi conquiste della cultura occidentale, conquista nel calderone delle libertà individuali inviolabili. Quelle libertà e quella difesa dell'individuo che, ci hanno insegnato i totalitarismi tutti occidentali del Novecento, sono l'unica difesa contro l'imposizione di uno stato etico.
Ma come lo stesso Novecento ci ha insegnato, il limite delle libertà individuali si pone nelle libertà altrui e nel principio di responsabilità individuale.
Prima di essere accusato di qualsiasi appoggio alle posizioni dell'estremismo islamico, no, non sto legittimando gli attacchi terroristici, reazioni estreme e sproporzionate ad una offesa che, se anche ci fosse stata, si sarebbe dovuta dimostrare e affrontare attraverso le consuetudinarie vie legali. Questo è ciò che richiede l'esistenza stessa di uno stato nato dalle ceneri dello stato liberale, uno stato che si pone come arbitro nello scontro sociale, che non prende le parti di nessuno ma garantisce che i diritti di tutti siano rispettati, valorizzandone le specificità.
Ma non ci possiamo nascondere: non tutto è satira. Molto di quanto viene pubblicato sotto questo nome è, ad andar bene, spazzatura.
fonte: questaèlasinistraitaliana
Fare satira sui difetti fisici altrui, oltre che degradante e di cattivo gusto, è discriminatorio.
Facciamo altri esempi.
Perché possiamo dire che questa è satira? Quella di Crozza, nelle diverse rappresentazioni di Brunetta e Bersani, è satira non perché faccia la semplice caricature dei due politici. Se vogliamo questa è la parte della sua satira che funziona di meno, anzi, che quando fa Brunetta mettendosi in ginocchio è francamente volgare. Ma la satira di questi due personaggi funziona perché gioca, portandoli agli estremi, sugli strumenti retorici dei due, sugli atteggiamenti, sulle idiosincrasie dei due personaggi. Non su invenzioni non provate, su falsi, su accuse infondate. Lo stesso vale per la satira di Matteo Renzi.
"Questa è una vignetta che apparve sul giornale nazista tedesco Der Sturmer, nel 1933. il titolo citava il “pan-ebraismo”: “Una rana è seduta nell’erba verde. Non fa questo, non fa quello, non fa nulla. Ma accecati dal luccichio dell’oro, tutti gli volano in bocca.”" (fonte: federazione sionistica italiana)
Come vediamo anche in questa vignetta l'accostamento uomo-animale si nutre di e serve ad alimentare pregiudizi, pregiudizi di lungo corso e che sono serviti ad alimentare la campagna di stampa a sfondo razziale del Nazismo. Campagna dagli esiti ben noti. Era questa satira? O dobbiamo chiamarla con un altro nome?
Se un giornale decidesse di pubblicare una immagine in cui foste ritratti mentre violentate dei bambini, senza che nulla possa anche solo lontanamente avvalorare quella diceria sul vostro conto, sarebbe satira o diffamazione? Basterebbe la veste caricaturale a rendere quella satira?
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