Discutiamo del rapporto tra internet e democrazia



Mi sembra giusto discutere di questo video. Non posso non apprezzare la scelta open source che, al contrario di quanto avvenuto in Italia, garantisce la piena trasparenza di un sistema così strutturato. Però, come detto nella conferenza, prima che strumentale, la questione è culturale. Pensiamo ai dati della recente ricerca Ipsos MORI, allo sfasamento tra dati reali relativi, per esempio, alla società italiana, e la percezione diffusa. Ora, pensiamo anche di dare uno strumento decisionale come questo ad una società in cui diffusamente la percezione del reale sia distorta. Cosa accadrebbe? È lecito pensare che un rappresentante, al di là delle sue competenze specifiche, debba sempre seguire il voto di una folla di persone che, plausibilmente, non è altrettanto competente? Lasciando la decisione in mano ad un sistema che, almeno in teoria, potrebbe coinvolgere l'intera società, quanto è alto il rischio corporativista? Mi vengono in mente i comuni medievali, una democrazia per molti aspetti diretta e di fatto bloccata dai corporativismi, per questo dovette prima prevedere consigli decisionali più ristretti, poi addirittura la presenza di un'istituzione esterna come il Podestà.
L'accesso all'informazione garantisce la competenza? Inoltre, il digital divide non rischia di escludere alcune fasce di reddito e di età dal processo decisionale e, invece, sovrarappresentare altre?
In Italia assistiamo ad un nuovo fenomeno: pensiamo alla consultazione sulla Buona Scuola, con un numero di partecipanti relativamente basso. Possiamo ipotizzare influisca la disillusione, ma forse inizia a subentrare, dopo il fallimento politico diffuso del M5S una nuova consapevolezza, che non tutti sanno o devono essere competenti au tutto, ma, proprio per questo, non spetterà a tutti decidere su tutto. 


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