Sulla rete, la demagogia e il totalitarismo

C'è una cosa che fa impressione nella diffusione della rete: essa, in quest'epoca di crisi, si fa sempre più veicolo del populismo, del totalitarismo e della cultura reazionaria, come se dire qualcosa in rete la renda, in toto, condivisibile da tutti, una verità assoluta e incontrovertibile. È ovvio che non è la rete in sé ad essere populista e demagogica, essa è solo uno strumento. Ma questo strumento, in mano di chi o non è stato educato ad un compiuto senso critico, di chi, analfabeta funzionale, non riconosce e non comprende un ragionamento che non sia di corto respiro, o, al contrario, in mano a chi conosce molto bene l'arte della retorica e sa giostrarne le doti, spesso nascondendole dietro una finta parola alla buona, in questi casi lo strumento, dicevamo, dà spazio e in un certo senso dà conferma ad ogni sorta di castroneria alogica o astorica che si voglia divulgare.
Nascono così leggende metropolitane come quella delle 100 basi americane in Italia, la diffusione di malattie a causa dei migranti tenute nascoste dai governi, i complottismi vari ed eventuali. Ma in fin dei conti, se non fossero diffuse e credute per vere, queste millantate verità potrebbero essere derubricate a folklore, credenza popolare.
Poi però c'è altro: c'è il credere che il proprio caso singolo sia la regola e non l'eccezione, c'è il pensare che la condizione altrui non ci riguardi, che il negare il diritto altrui, finché non tocca noi, sia cosa di poco conto. Tutto già visto, sia chiaro: la rete, malgrado quello che si crede, non ha inventato nulla in questo senso. Vedrete operai, precari, dirigenti, tutti pronti a farsi la guerra gli uni gli altri in nome del proprio particulare, attraverso un megafono che rende ad un tempo più forte ed impersonale la loro voce. E così la responsabilità individuale si perde nel mare magnum della rete, nella voce collettiva del "siamo tutti così", "siamo la gente". L'individuo, nascosto dietro una tastiera, è convinto spesso di potersi lasciare andare all'offesa gratuita, al turpiloquio, all'esternazione iraconda e incontrollata, o peggio, alla falsità bella e buona, alla diffamazione, alla menzogna, alla reinterpretazione dei fatti a proprio vantaggio.
Sono processi conosciutissimi, lo ripeto, non certo inventati dalla rete; ma oggi, di fronte ad uno strumento che è anche, occorre ricordarlo, formidabile strumento di democratizzazione e di acculturamento, assistiamo anche a questo. Un megafono, per usare una similitudine molto usata di recente, spersonalizzante e talora violento, incontrollato e purtroppo fuorviante.


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