L'illiberalità del reato di clandestinità

Uno dei principi su cui, alla fine del 'Settecento, nacque e si diffuse la rivoluzione americana, fu l'idea che uno stato, la Gran Bretagna, non aveva diritto di chiedere tributi alle sue colonie senza garantire loro il diritto di rappresentanza in Parlamento. In termini più generali si affermava il principio che uno stato non può pretendere doveri dai suoi cittadini senza garantire loro dei diritti. Come si noterà questo principio è  un caposaldo della moderna cultura liberale.
Proprio perché viviamo in uno stato che di quella cultura liberale dice di essersi fatto erede, un reato, sancito dalle nostre leggi, quello di clandestinità, sembra ancor più obrobrioso e vituperabile, perché annulla il principio liberale secondo cui ai doveri devono corrispondere dei diritti, perché annulla questo principio su una delle categorie più deboli, ovvero quella dei migranti, perché confonde volutamente una condizione di fatto con una scelta fraudolenta.
Infatti innanzitutto una condizione, nella gran parte dei casi non voluta, quella della clandestinità, con una scelta. Pensiamo per esempio a quanti oggi fuggono dalla repressione in Egitto, una guerra civile di fatto non riconosciuta in Occidente: questi uomini giungono da noi come clandestini, mentre per esempio coloro che fuggono dalla Libia o dalla Siria avranno a tutti gli effetti lo status di rifugiati politici. Non è pensabile che però fra questi uomini esista una reale differenza di condizione, né che un uomo che fugge dalle bombe e dai carri armati sia imputabile perché non ha fatto in tempo a rintracciare i suoi documenti.
Vittima di questa scelta politica divengono così i più deboli, coloro che fuggono dalla violenza, i quali, rifugiatisi come ancora di salvezza su dei barconi o nascosti dentro dei camion, vengono rimandati verso le guerre che fuggivano, ad andar bene per tentare nuovamente la fuga.
Diviene così ancor di più paradossale osservare come questo reato sia stata istituito da quel partito che sostiene di voler realizzare in Italia, da vent'anni, la riforma liberale. E dove sta la liberalità se una condizione di fatto diviene un reato?, Quali sono i diritti di questi migranti giudicati clandestini di fronte ad un dovere che viene loro imposto ingiustamente? Chi ricorda il principio per cui uno stato non dovrebbe poter perseguire un reato che non ha tentato di evitare? Dov'è l'impegno per risolvere fattivamente i problemi che stanno dietro l'esodo di migranti attraverso il Mediterraneo.
La realtà che ci nascondiamo dietro il bisogno di sicurezza è che il diritto muore ogni giorno sopra i barconi di migranti, tra le mani degli sfruttatori e degli artefici di queste tratte di uomini, ma anche fra le parole e le carte di chi non riconosce i più basilari diritti a coloro che cercano una vita migliore ed un futuro pacifico.

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