La sindrome del novantesimo grado
Che l'Italia sia un paese strano lo sappiamo, non c'è bisogno di spiegarlo per l'ennesima volta. Ci sono tutta una serie di usi e costumi che ci contraddistinguono, in fondo sono parte di noi, senza di essi non sapremmo vivere.
Una di queste nostre abitudini io la chiamerei la sindrome del novantesimo grado. In pratica l'Italiano, abutiato da millenni di dominazioni, è del tutto inadatto ad immaginare un sistema democratico in cui si parli, si discuta, anche animatamente, e poi si decida a maggioranza. Sistemi in cui si rispettino i diritti delle minoranze, in cui si preservi la divisione dei poteri e la diversificazione delle funzioni.
No, noi non ce la facciamo: noi abbiamo bisogno di qualcuno che comandi per noi. A noi basta ubbidire.
E come scegliamo il nostro sovrano? Nel secondo secolo d. C. i Romani immaginarono un sistema che prevedeva la scelta dell'imperatore attraverso un criterio rigorosamente meritocratico, questi doveva essere il migliore possibile fra gli uomini. Decisamente noi questa abitudine l'abbiamo persa.
Noi preferiamo un'altra via, appunto, quella che, se fosse una patologia, chiameremmo la sindrome del novantesimo grado.
In pratica noi Italiani attendiamo il momento in cui i politici iniziano a spararla più grossa, a dire la cazzata sempre più evidente, a prenderci sempre più per i fondelli. Se ce n'è qualcuno che non lo fa, che predica la serietà, noi lo evitiamo, metti caso voglia rendere un paese serio l'Italia e porre davvero tutti i cittadini, ceti dirigenti compresi, di fronte alle loro responsabilità.
No, noi preferiamo il crescendo di schiamazzi finché non c'è qualcuno che, con impeto, ci urla Su, mettetevi a 90 gradi, io so come farvelo fare al meglio! e allora noi tutti in coro diciamo, Sì, mettiamoci a 90 gradi, lui sa come noi dobbiamo farlo, forse questa volta userà qualche unguento, ed ecco, abbiamo scelto il nostro capo popolo, il nostro duce, il nostro guru, il nostro sindaco, il nostro cavaliere.
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