Il grande Gatsby, F. Scott Fitzgerald



Il grande Gatsby, di F. Scott Fitzgerald, si inserisce nel quadro della narrativa americana degli anni 20. Una narrativa che vive l'apogeo di una generazione e di un mondo, quello nato dalle ceneri della Grande guerra. Un mondo che, visto dal nostro punto di vista, si fonda sul fraintendimento, sull'apparenza, sul bisogno di creare un'immagine di sé che segni la realtà più ancora della realtà stessa.
Gatsby è tutto questo: un uomo venuto dal nulla che, con il suo affaccendarsi in traffici illeciti e pericolosi, giunge sino allo status tanto agognato, alla fama e al successo. Ma a differenza degli altri personaggi del Romanzo, di Tom, dell'amata Daisy, Gatsby si muove in cerca di qualcosa, nel tentativo di realizzare un sogno, un desiderio a cui forse ha dato più valore di quanto realmente ne possegga. Così l'amore per Daisy è la vera molla che ha spinto Gatsby nella sua rincorsa verso il successo e la popolarità ad ogni costo: è nel frantumarsi di questo amore, nello scoprire che questo amore non è stato l'unico per Daisy, come è stato per lui, che l'apparenza costruita dal protagonista si frantuma.
Nelle vicende successive tutto viene a galla, l'inconsistenza delle vite di ciascuno emerge come una chiazza di petrolio di fronte alla Long Island che fa da ambientazione al racconto. Emerge anche tutto l'essere una storia americana, l'essere addirittura una storia del West, di personaggi che sono in fondo estranei alla malizia e alla raffinatezza della costa orientale. Nella profondità dei silenzi del nord-est americano, infine, il tutto i schiude nella sua inconsistenza.

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