Uno vale uno di 'sta m...
Gli uomini di scienza sanno che ci sono due modi per interpretare il mondo, ovvero partire dal semplice per tentare di comprendere il complesso, oppure partire dal complesso, semplificarlo in segmenti via vis sempre più semplici. Entrambi i metodi sono rischiosi e si prestano a banalizzazioni e strumentalizzazioni, e tuttavia, se adoperati con le opportune precauzioni, entrambi sono fruttiferi. Il loro rischio è però evidente: la mistica, un complesso irraggiungibile o la semplificazione mistificatoria di ciò che semplice non è. Che si tratti dell'ideologia, il mercato come il marxismo, o la demagogica convinzione che per guidare uno stato basti una massaia, queste categorie sono almeno in parte riutilizzabili anche in politica, in letteratura, persino per analizzare questo blog.
Quando i Greci, 2500 anni fa inventarono la democrazia, avevano ben chiaro una cosa: c'è differenza fra democrazia e demagogia. La democrazia sin dai suoi albori è quel regime politico in cui tutti hanno libertà, diritto e dovere di voto, libertà e diritto di parola, ma in cui le competenze vengono riconosciute. Ecco che, in democrazia, se dovrò eleggere i rappresentati li sceglierò consultando il numero più alto possibile di elettori, che voteranno liberamente sulla base dei loro interessi, delle loro idee, del loro credo.
In democrazia però uno non vale sempre uno: ci sono occasioni in cui a decidere non è la maggioranza, ma il più competente. Non credo che a qualcuno potrebbe venire in mente di far scegliere il sito per una centrale nucleare ad un pastore, se ha a disposizione un ingegnere o un fisico per prendere la decisione. Allo stesso modo, pur vivendo in democrazia, non sono gli alunni a decidere cosa si studierà oggi, ma il docente, perché più competente. Non sono gli operai in fabbrica a suggerire cosa produrre, ma gli esperti di marketing. Non è il paziente ad operare, ma il medico. Non sempre, per fortuna, uno vale uno.
Nel motto oltranzista dell'uni vale uno, cavallo di Troia del M5S per espugnare il Parlamento, possiamo ora leggere ampi tratti di demagogia. Il risultato è che, come già a Parma, una masnada di incompetenti nel diritto sederanno ora alla Camera e al Senato, decideranno per tutti, pur non rappresentando nessuno. Vorrei sapere come fa a rappresentarmi una studentessa venticinquenne, non ancora laureata, non avendo fatto esperienza del mondo del lavoro. Il suo uno non vale uno, non può valerlo, vale in realtà di meno dell'uno dell'insegnante che ancora la sta formando, per esempio, e che quindi si presume sia più competente di lei.
L'amministrazione di Parma ha dovuto prendere ripetizioni di diritto, per dirla cordialmente, prima di accorgersi di non poter realizzare gran parte del suo programma. Crocetta in Sicilia occhieggia in maniera imbarazzante a questa demagogia, a questo populismo. E in questo non c'è nulla di diverso ontologicamente dal troiaio berlusconiano, in cui la scelta, la cooptazione, almeno avvenivano per altri meriti, quelli a letto. Almeno il mignottificio di Berlusconi qualche abilità, squallida e degradante, ce l'aveva.
Qui invece ci troviamo di fronte a gente che ha portato avanti delle istanze spesso irrealizzabili, cooptati da Grillo, senza una linea comune, senza voce in capitolo sulle decisioni da prendere in Parlamento. Un bel nugolo di nulla insaporito dalle urla genovesi e dalla caciara di chi, pur essendolo da anni, si vergogna di essere un clown.
Un losco figuro che già ha messo sotto scacco il paese, lo sottopone al suo ricatto. Sotto la maschera del moralizzatore tace il fatto che nel suo movimento è un despota, che non lascia libertà di espressione ai suoi adepti, che punta all'incasso lasciando per mesi l'Italia nella situazione di stallo in cui si trova per poi poter urlare ancora contro la casta e l'inciucio. Un politico che trae la sua forza da vent'anni di puttanate berlusconiane, che di esse raccoglie il peggio, senza lasciar vedere spazi di miglioramento o, quanto meno, lasciar intravedere la possibilità di ricredersi su questi giudizi.
Quando i Greci, 2500 anni fa inventarono la democrazia, avevano ben chiaro una cosa: c'è differenza fra democrazia e demagogia. La democrazia sin dai suoi albori è quel regime politico in cui tutti hanno libertà, diritto e dovere di voto, libertà e diritto di parola, ma in cui le competenze vengono riconosciute. Ecco che, in democrazia, se dovrò eleggere i rappresentati li sceglierò consultando il numero più alto possibile di elettori, che voteranno liberamente sulla base dei loro interessi, delle loro idee, del loro credo.
In democrazia però uno non vale sempre uno: ci sono occasioni in cui a decidere non è la maggioranza, ma il più competente. Non credo che a qualcuno potrebbe venire in mente di far scegliere il sito per una centrale nucleare ad un pastore, se ha a disposizione un ingegnere o un fisico per prendere la decisione. Allo stesso modo, pur vivendo in democrazia, non sono gli alunni a decidere cosa si studierà oggi, ma il docente, perché più competente. Non sono gli operai in fabbrica a suggerire cosa produrre, ma gli esperti di marketing. Non è il paziente ad operare, ma il medico. Non sempre, per fortuna, uno vale uno.
Nel motto oltranzista dell'uni vale uno, cavallo di Troia del M5S per espugnare il Parlamento, possiamo ora leggere ampi tratti di demagogia. Il risultato è che, come già a Parma, una masnada di incompetenti nel diritto sederanno ora alla Camera e al Senato, decideranno per tutti, pur non rappresentando nessuno. Vorrei sapere come fa a rappresentarmi una studentessa venticinquenne, non ancora laureata, non avendo fatto esperienza del mondo del lavoro. Il suo uno non vale uno, non può valerlo, vale in realtà di meno dell'uno dell'insegnante che ancora la sta formando, per esempio, e che quindi si presume sia più competente di lei.
L'amministrazione di Parma ha dovuto prendere ripetizioni di diritto, per dirla cordialmente, prima di accorgersi di non poter realizzare gran parte del suo programma. Crocetta in Sicilia occhieggia in maniera imbarazzante a questa demagogia, a questo populismo. E in questo non c'è nulla di diverso ontologicamente dal troiaio berlusconiano, in cui la scelta, la cooptazione, almeno avvenivano per altri meriti, quelli a letto. Almeno il mignottificio di Berlusconi qualche abilità, squallida e degradante, ce l'aveva.
Qui invece ci troviamo di fronte a gente che ha portato avanti delle istanze spesso irrealizzabili, cooptati da Grillo, senza una linea comune, senza voce in capitolo sulle decisioni da prendere in Parlamento. Un bel nugolo di nulla insaporito dalle urla genovesi e dalla caciara di chi, pur essendolo da anni, si vergogna di essere un clown.
Un losco figuro che già ha messo sotto scacco il paese, lo sottopone al suo ricatto. Sotto la maschera del moralizzatore tace il fatto che nel suo movimento è un despota, che non lascia libertà di espressione ai suoi adepti, che punta all'incasso lasciando per mesi l'Italia nella situazione di stallo in cui si trova per poi poter urlare ancora contro la casta e l'inciucio. Un politico che trae la sua forza da vent'anni di puttanate berlusconiane, che di esse raccoglie il peggio, senza lasciar vedere spazi di miglioramento o, quanto meno, lasciar intravedere la possibilità di ricredersi su questi giudizi.
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