Tutto tutto, niente niente

Scrivere una recensione di Tutto tutto, niente niente di Antonio Albanese è davvero complicato. In primis perché il film è un sequel, e come tale carico di attese che, sicuramente, vengono in parte deluse. Ma andiamo con ordine.
La trama del film riprende il precedente Qualunquemente, espandendone però i limiti narrativi. Se il primo aveva raccontato la storia surreale dell'ascesa politica in Calabria di Cetto Laqualunque, in questo nuovo film vediamo il solito Cetto, insieme ai "nuovi" Frengo Stoppato e Rodolfo Favaretto, giungere sino sl Parlamento. Diciamo fra virgolette nuovi, perché i personaggi di Frengo e Rodolfo riprendono vecchie incarnazioni di Albanese, sempre abile nel mettere in scena gli stereotipi e le peggiori manie degli italiani.
Così da un lato Cetto si mantiene sui suoi standard, disonestà, machismo, un'omosessualità repressa, collusioni con la mafia, mentre Frengo è un figlio dei fiori in cerca di una beatificazione in vita e Rodolfo è un reazionario veneto che vuole annettere il suo paesello all'Austria, ignorando nel frattempo la realtà e le esigenze della moglie, tanto da finire tradito con più uomini di colore.
La storia del film si dipana per sketch, come da tradizione per Albanese, in una Roma surreale e a tratti trimalcionesca. Lo spettacolo che ne esce fuori sembra a volte scontato, in generale il film paga l'assenza dello scalpore e della novità che fu di Qualunquemente.
Detto questo però il film è certamente godibile e regala alcuni minuti di sicuro divertimento, vuoi per l'espressività di Albanese, vuoi perché i tre protagonisti sono sicuramente riusciti, vuoi infine perché alcune battute sono di indubbio effetto.

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