Sulla presunta tabletizzazione della scuola e sui nuovi media nell'epoca della cultura di massa.
Da insegnante coinvolto in alcuni progetti di digitalizzazione della scuola io non riesco ad essere d'accordo su quanto affermato sulla "tabletizzazione". In primis perché è troppo presto per trarre delle conclusioni, i progetti che prevedano l'uso massivo dei libri digitali sono partiti l'anno scorso, ancora i risultati non sono concretamente decifrabili. E poi c'è proprio una questione di metodo che non mi convince. Già nel corso dei secoli abbiamo assistito a varie evoluzioni e cambiamenti negli stili cognitivi: si pensi solo al Medioevo e al profondo cambiamento apportato dalla stampa di Gutenberg. Bollare un passaggio epocale come quello che stiamo vivendo come una semplice regressione mi sembra limitante: lo è solamente se pensiamo che con il libro cartaceo avevamo raggiunto il massimo possibile della cultura e ogni cambiamento da questa situazione si debba connotare come un declino.
C'è in corso un profondo rinnovamento negli stili cognitivi e nel frattempo è in atto la naturale evoluzione della lingua italiana che sempre più diventa lingua d'uso (e da questo i rigurgiti regionalisti dei leghismi vari e dei loro dialetti). Tablet e media sono neutri, sono strumenti, come lo erano tavolette e stilo per i Sumeri, le vetrate colorate nel Medioevo e la stampa a caratteri mobili nel '600. Questi strumenti, seppur neutri, impongono però la loro presenza, non si può fingere che non esistano, ma l'uso che se ne fa dipende dal soggetto pensante che sta dietro la tastiera o che impugna una penna. Non penso che la scuola si possa esimere dall'affrontare la questione e cercare di dare una formazione adeguata nell'uso dei nuovi media.
La rete poi è un sistema in continuo movimento: se ne seguiamo l'evoluzione vediamo che, è vero, si è sempre più arricchita di apparati iconografici e multimediali, ma al contrario delle previsioni non ha perso la sua componente testuale, anzi, oggi forse si scrive sulla rete più di quanto si potesse mai immaginare. È vero che si tratta di un'espansione orizzontale, la rapidità al danno dell'approfondimento, ma è anche vero che la rete fino a questo momento è stata in mano a nativi digitali che l'hanno adoperata in maniera istintiva; sarà solo lavorando con loro e su di loro che potremo migliorare l'uso della rete, non certo demonizzando il tutto.
Mi sembra che si idealizzi una presunta età dell'oro, età in cui tutti erano capaci di comprendere un testo complesso o di svolgere funzioni matematiche da astrofisico. Concretamente questa epoca non c'è mai stata, mentre al contrario la cultura diffusa e collaborativa sta dando la possibilità di accedere alla conoscenza a tanta gente che fino ad ora ne era esclusa, e questo è qualcosa che forse gli intellettuali troppo spesso dimenticano.
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