Bianca come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D'Avenia
Bianca come il latte, rossa come il sangue è un libro che molto ha fatto parlare di sé negli ultimi anni, tanto che l'autore, Alessandro D'Avenia, palermitano del 1977, è stato additato fra i massimi esponenti della nuova generazione di scrittori italici. La lettura del libro è quindi stata in un certo senso obbligata: innanzitutto per i temi trattati, l'adolescenza, il primo amore, il tema della morte, lla scuola e la sua reale funzione; e poi per il confronto con un autore emergente.
Devo dire che il libro mi ha convinto solo in parte. Certamente l'autore è dotato di una buona mano, tuttavia non è certamente il maestro di stile, o di un nuovo stile, di cui da più parti si parla. La scrittura di D'Avenia risente da un lato dell'influsso classicista, probabilmente dovuto agli studi, la laurea in lettere classiche, a punto; dall'altro lato però è forte l'influenza delle scuole di sceneggiatura, mondo a cui l'autore si introdotto per arrivare ad un più rapido accesso alla narrazione. Infatti il modo di narrare di D'Avenia è un modo "televisivo", per scene, con battute rapide, in un certo senso spesso già pronte, attendibili da parte di un lettore esperto, condite però dalle improvvise citazioni dal mondo greco e romano. Dico una scrittura facile perché se, toccando le corde delle prime esperienze, lo stile narrativo di D'Avenia può coinvolgere uno spirito ancora adolescente, difficilmente con i suoi sentimenti precotti riesce a scandagliare l'animo di una sensibilità più matura, e a poco vale il continuo gioco pop di rimandi concreti alla cultura materiale.
Il romanzo è a tutti gli effetti un romanzo di formazione. Leo in principio è un personaggio che non conosce l'amore e in generale il valore o il significato dei sentimenti basilari del genere umano, alla fine della storia, grazie al "sacrificio" di Beatrice e alla dedizione di Silvia sarà invece un giovane più consapevole e finalmente innamorato della "persona giusta", quella che è stata davvero al suo fianco. Tutto molto bello, tutto mlto pop, di certo non particolarmente interessante per chi alla sempre irrimediabilmente gentile e presente Silvia preferisce la Lolita di Nabokov.
Dicevamo dell'influenza della classicità e in generale del mondo letterario: si parte, già con il titolo, con Calvino (il tanto odiato Calvino dei miei alunni), per continuare con i personaggi femminili, la Beatrice dantesca e la Silvia di leopardiana memoria (difficile pensare ad una citazione da Tasso). Continui poi gli spunti di riflessione provenienti dalla filosofia e dalla letteratura greca, filosofia e letteratura ad uso di un quindicenne, sia chiaro, perché chi volesse trovare in Bianca come il latte, Rossa come il sangue la profondità culturale ad esempio del Mondo di Sofia di Jostein Gaarder cadrebbe veramente male.
Tutto quanto ho detto viene condito poi in una salsa cattolicamente melensa, un continuo rinchiudersi in una provvidenzialità cristiana degli eventi, in una giustificazione religiosa e consolatoria. E qui viene uno dei nodi dell'opera. Davvero un adolescente deve trovare, ancora giovane, solo una risposta consolatoria? E gli basterebbe? O la voce della vicenda, profusa nelle battute dei personaggi, è solo in maniera ipocrita la voce dell'adolescenza contemporanea, mentre in realtà ciò che vive nell'opera è ciò che l'autore vuole che viva, uccidendo il reale spirito che dovrebbe essere dei personaggi? Il tutto ha il gusto amaro della forzatura: non conosco adolescente che di fronte alla morte dell'amata si accontenterebbe della semplice consolazione della provvidenza e che nel giro di pochi mesi scoprirebbe l'amore della migliore amica, nel frattempo indomitamente fedele. Il tutto invece risulta un bel polpettone buonista adattissimo a vendere migliaia di copie, non certo a fare letteratura.
Operaa quindi sopravvalutata, questa di D'Avenia. Un Moccia scritto bene, se vogliamo, ma di certo lontano anni luce dalla complessità che i temi e i rimandi culturali avrebbero meritato.
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