In cerca del tutto e del niente ovvero buon 2012

Credo capiti a tutti, soprattutto dopo i momenti di massima eccitazione ed impegno, di trovarsi quasi svuotati. Insomma, uno di quei periodi in cui sembra proprio di non aver più nulla da dire o da fare. In un certo senso è questa la sensazione che sto provando in questo concludersi del 2011 e all'avvicinarsi del 2012: la primavera araba, la caduta di Berlusconi e la crisi economico/politica; la pubblicazione di un mio romanzo, il ritorno a lavorare a scuola e delle nuove classi e dei nuovi alunni con cui lavorare e crescere insieme. Tutta una serie di cambiamenti esterni e interni a me che mi hanno messo alla prova, mi hanno eccitato, sfinito, svuotato a punto. Forse è un momento di assestamento, uno di quei momenti in cui hai bisogno di assorbire tutto quello che c'è di nuovo intorno a te, capirlo, elaborarlo. Non c'è più l'avversario politico degli ultimi anni, si profila un'epoca di magra e di lotte, ci si chiede se questo paese saprà reagire come i vicini arabi o soccomberà alla sua intima stanchezza. Quando Tomasi di Lampedusa descriveva la sua Sicilia probabilmente in realtà descriveva tutta l'Italia, un paese vecchio e stanco, vittima e carnefice di se stesso; intrappolato nei suoi stereotipi senza capacità di rinnovarsi, a partire dai suoi giovani, spesso anziani dentro.
Un paese vittima della nuova barbarie, del razzismo, dell'analfabetismo di ritorno, della volgarità a cui siamo stati addestrati dai leghismi e da finti liberismi conditi solamente di interessi personali. Un paese povero culturalmente si diceva, indice ne è la difficoltà stessa con la nostra lingua, ne ho scritto già altre volte. Non è uno stato quello che non pretende che i propri abitanti sappiano comunicare in una lingua comune, fermo restando l'apertura ad altre lingue. Si confonde il multiculturalismo con uno sterile particolarismo, i leghismi a punto, quel misto di ignoranza, goliardia nei migliori dei casi, razzismi vari e volgarità quasi sempre, che sempre più fanno parte del nostro pensare e vivere comune. Va ribadito un'infinita di volte: il leghismi esiste perché l'Italia non ha saputo e voluto sviluppare un pensiero forte e comune che andasse oltre la retorica del Risorgimento. La revisione critica del nostro passato non può semplicemente ridursi al grottesco gioco sulle biografie più o meno squallide dei protagonisti della nostra indipendenza. Il dibattito non può ridursi sempre e solo al "particulare", cosa in cui siamo specializzati. La nostra cultura, i nostri intellettuali dovranno essere capaci di  sistema e sviluppare un nuovo sistema culturale capace di aggregare le diverse correnti, anche in opposizione fra di loro.
Siamo il paese dei poeti senza poesia, primo caso nella storia della nostra letteratura di autori che scrivono senza un sistema ideologico dietro che ne sostenga l'opera. Siamo del resto il paese in cui si preferisce la scrittura alla lettura, paradosso del nostro endemico narcisismo. Sempre, come al solito, del nostro "particulare".
Mi auguro di riprendere a scrivere seriamente in questo 2012 che verrà, non prima però di essermi nutrito di alcuni autori che voglio approfondire. Saramago, ancora, poi ancora Carver, Bradbury, Pennac, Benni, Pennacchi, De Luca e altri che ancora devo scoprire, immagino. Senza dimenticare gli antichi amori, Calvino, Buzzati, Borges, Tolkien.
Ars longa sed vita brevis.
Intanto lavoro, schematizzo, immagino un racconto su qualcosa che mi gira in testa, una storia tra la fantasy e la favola.
Augurandomi di saper insegnare qualcosa ai miei alunni, di esser un buon professore, di saper dare qualcosa a quei ragazzi che, malauguratamente per loro, uno stato asfittico mi ha affidato per diciotto ore settimanali. Insomma, speriamo che il 2012 sia un buon anno e che qualcosa vada finalmente come dovrebbe andare.

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