Claudio Magris Microcosmi
"Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto"
Jorge Luis Borges
Microcosmi, l'ultimo lavoro di Claudio Magris, fissa l'attenzione su particolari di singole vite, vite di personaggi noti e celebrati, così come di persone "qualunque", e su luoghi che o la natura (la laguna, la collina...) o gli uomini (il Caffè) o le vicende della storia hanno caricato di significato.
Elemento che attraversa queste pagine è il rapporto col paesaggio, Trieste, il Friuli, l'Adriatico, e il tempo che passa lasciando le sue tracce.
L'attenzione per il particolare che sembra caratterizzare quest'opera di Magris, significa anche uno sguardo attento alla cavità di un albero, al colore del bosco e del mare, ai corrugamenti della montagna "come pieghe su un viso scavato". Rughe, solchi, tracce, lasciate dal tempo nella natura, ma anche appunto sui volti, negli occhi degli uomini e nelle loro coscienze.
Il ripercorrere il passato di un uomo, non è semplice memoria, è sentire ciò che è stato, ben presente, disegnato sui volti e nella voce di ciascuno, "perché i mutamenti, anche quelli del mare e della terra, sono visibili e si consumano sotto gli occhi".
Altro tema che attraversa il libro è quello della "frontiera". Frontiere reali e fittizie, che gli uomini, come in un gioco, nel corso della storia, hanno spostato, annullato, inventato; popoli che via via si sono trovati ad essere italiani, austriaci, jugoslavi, croati, sloveni. Senza ironia, quasi con paterna pietà, per questa infantile, ma tragica volontà di definire identità sempre negate, Magris mostra una folla di personaggi, dalle storie diverse, attori di un piccolo palcoscenico di provincia o protagonisti di eventi che si potrebbero definire "storici", tutti ugualmente parte di un'area, di un bacino culturale, figli di una terra languida e aspra, nelle sue diverse espressioni, così come quel dialetto o, se si vuole, quella lingua.
Figure di poeti, di scrittori, più o meno illustri, popolano questo "microcosmo": l'amore per la parola, parola come forma di ordine mentale, quasi cosmico, come strumento di definizione del reale e del mistero della vita e dell'anima.
Infine un narratore che guida attraverso questa storia/geografia dell'anima, talvolta rivelato, altre sottinteso.
Eppure questa presenza nascosta dà coerenza alle pagine dedicate a Torino, luogo che avrebbe potuto essere quello di "un'Italia civile ed emancipata, soprattutto grazie al proletariato industriale e a una classe liberale aperta al progresso", per riprendere la citazione di Gobetti riportata nel volume.
Malinconia di quello che avrebbe potuto essere e non è stato, ma anche sofferta accettazione del presente: una chiave di lettura che il narratore/guida dà al lettore.
Così come "è inevitabile dimenticarsi d'essere stati dèi", e il tempo rende giustizia (o ingiustizia) alla gloria terrena, però è possibile trarre il senso e il giudizio sugli uomini e sulla storia da questa frase, riferita alla timida moglie dell'"eroe di Canidole": "Ma forse la corona più vera posava, nascosta, sul capo della donna senza nome e senza storia, perché il peso che lei aveva portato era più duro della caccia di un esercito e la gentilezza che il suo volto aveva saputo conservare era una regalità ancora più alta di quella di Paolo, l'eroe di Canidole".
Microcosmi di Claudio Magris
pag. 275, Lit. 29.000 - Edizioni Garzanti (Narratori moderni)
(Da http://www.wuz.it/archivio/cafeletterario.it/004/cafelib.htm)
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