Le lacrime degli eroi, Matteo Nucci
Nucci osserva come nell'epica omerica il vero eroe non sia colui che reprime le proprie emozioni, ma chi sappia viverle pienamente mantenendo il controllo. Achille, l'eroe per eccellenza, piange copiosamente la morte di Patroclo, ma quelle lacrime non lo rendono meno temibile - al contrario, alimentano la sua areté, la sua eccellenza guerriera; piange Teti, sua madre, prefigurandone il destino; piange Patroclo, prima di morire, nel vedere gli Achei arretrare. Lo stesso vale per Ettore, che non nasconde il proprio dolore davanti alla moglie Andromaca, e per Odisseo, le cui lacrime sulla spiaggia di Ogigia rivelano la profondità del suo desiderio di ritorno, o il cui pianto alla corte dei Feaci ne rivelano non l'inganno, bensì la dignità.
Particolarmente affascinante è l'analisi del passaggio dall'eroe omerico all'uomo razionale platonico. Nucci evidenzia come questa transizione, tradizionalmente vista come un progresso, segni in un certo senso nella visione platonica un rassegnato cedimento: la capacità di integrare pathos e controllo, emozione e ragione sono degli eroi, non degli uomini che sono venuti dopo; a questi spetterà la negazione del pathos per permettere il totale controllo della ragione. L'autore argomenta in modo convincente come alla visione omerica delle lacrime appartengaa l'dea del pianto come fonte di forza e rinnovamento, una visione sofisticata e potente, che evidenzia la distanza, infine, tra umano e divino. Agli eroi spetta il pianto di fronte alla perdita, che sia perdità della libertà, degli anni migliori, della famiglia o della viita. Nulla che gli dei immortali conoscano, se non in un caso, quello di Demetra che perde la figlia Persefone, vagando per il mondo in un perenne compianto, fino a riscoprire la vita innanzi ai motti salaci di una semplice donna, Iambe.
La prosa di Nucci, elegante e appassionata approfondisce passi dell'Iliade e dell'Odissea già ben notti, ma guardandoli da un punto di vista, se non orginale, almeno interessante. Il pianto di Achille, le lacrime di Ettore, il dolore di Odisseo emergono dalla sua analisi non come momenti di debolezza, ma come manifestazioni supreme di quella peculiare forma di eccellenza che i Greci chiamavano areté.
In un mondo che spesso confonde la durezza con la forza, il messaggio di Nucci è quanto mai attuale: essere eroi, nel suo significato aurorale, significa anche saper piangere, significa vivere pienamente le proprie emozioni senza esserne sopraffatti. La lezione degli eroi omerici, filtrata attraverso la sensibile interpretazione dell'autore, ci ricorda che la vera forza non sta nel negare il pathos, ma nel saperlo attraversare mantenendo salda la propria rotta.
Un libro importante, che arricchisce la nostra comprensione del mondo antico e, al contempo, ci offre strumenti preziosi per ripensare il nostro rapporto con le emozioni. Consigliato non solo agli appassionati di cultura classica, ma a chiunque voglia riflettere sul significato profondo di cosa significhi essere pienamente umani.
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