Quindi, piaciute le tracce della prima prova dell'esame di Stato 2022 - 2023?
Fonte: Corriere.it |
So che l'argomento può non essere particolarmente attraente, ma mi pare giusto fare osservare alcune cose "straordinarie" nella prima prova dell'esame di Stato che si è svolta oggi.
Premessa, sono un insegnante di lettere in una scuola secondaria superiore, non un liceo: i miei alunni sono figli di un dio minore, studenti di un istituto professionale. Sono quegli studenti che magari prendono premi, come è capitato ai miei quest'anno, vincitori di una gara nazionale di peogettazione a partire dal tema dell'inclusività, patrocinata da IKEA, ma poi tanto si parlerà dei soliti istituti e l'esame di Stato sarà tarato sui soliti licei. Detto questo, io come molti colleghi credo ancora nel valore dell'esame. Sono convinto che l'esame di Stato abbia ancora un senso per un insieme di motivi, ma prima di tutto, bisogna essere chiari: non è l'esame di maturità, non lo è da un po' anche nella nomenclatura ufficiale, perché il concetto di maturità è talmente generico da non essere misurabile.
Detto questo, le mie ragioni per essere favorevole all'esame:
1) ragione legale: eliminare l'esame di stato comporterebbe probabilmente accettare di non avere più un valore legale del titolo di studi uguale sull'intero territorio. In linea teorica un esame che preveda la presenza di commissari esterni ha come compito quello di garantire una valutazione che segua gli stessi criteri sull'intero territorio nazionale e che non sia eccessivamente sbilanciata da parte dei consigli di classe (si tenga anche in conto che le scuole oggi ricevono finanziamenti in base alle promozioni e alle eccellenze: una valutazione finale tutta in mano ai consigli di classe potrebbe divenire una manna dal cielo per chi volesse fare cassa per la propria scuola). Se viene meno l'esame viene meno il criterio di uniformità nella valutazione, e di conseguenza il valore legale del titolo.
2) ragione valutativa: è vero che è difficile pensare ad un valore educativo dell'esame in sé, però non è che sia escluso a priori. Valutare serve ad educare, e si può valutare in tanti modi. Poi, a fine di un percorso, occorre anche fare il punto. È legittimo pensare che il punto potrebbe farlo il consiglio di classe (con i limiti esposti prima) ma è anche legittimo pensare invece che i ragazzi si debbano sottoporre a situazioni "autentiche", a confrontarsi con esaminatori che non conoscono sebbene su tipologie di prove su cui si sono allenati.
3) ragione antropologica. L'esame è l'ultimo grande rito di passaggio collettivo che è rimasto nella nostra società (forse assieme alla patente, ma non ne sono più così sicuro). Non per il valore dell'esame in sé , quasi simbolico (i bocciati sono al massimo uno 0,4%, anche perché c'è in precedenza un 4% di non ammessi all'esame), ma i riti di passaggio servono, cementano una società, sono un momento di condivisione di valori, idee, paure e speranze (basta pensare al valore che ha avuto un momento collettivo che abbiamo attraversato tutti come la pandemia). È la ritualità dell'esame a contare, insomma. Eliminare l'esame vorrebbe dire eliminare la tappa finale di un percorso, la bandiera a scacchi, ed eliminare un momento che per molti è il primo vero mettersi alla prova (a volte l'ultimo dal punto di vista dello studio).
Ok, detto tutto ciò, più capitano giornate come queste, più ti viene voglia di ricrederti. Mai come quest'anno l'esame è stato politicizzato. Sarebbe bastato osservare le chat dei docenti per accorgersene: colleghi sconcertati per le tracce proposte dal ministero. Di nuovo, un inciso: la polemica sul programma che non si completa, sul "ma noi Moravia non l'abbiamo studiato" è pretestuosa. Intanto perché è impossibile fare tutto, e dove tagli, sbagli: vallo a spiegare ad un genitore che non tratti Verga per fare Moravia, che tralasci Pirandello o D'Annunzio per fare Pasolini o Eco. E poi c'è da smettere di educare l'opinione pubblica ad una visione finalistica, teleologica dello studio: tutto in funzione del Novecento, tutto si compie nel Novecento. Inoltre la polemica è pretestuosa perché le tracce di analisi del testo devono valutare, a punto, la capacità di analizzare testi, di qualsiasi tipo. Altrimenti non si spiegherebbe come mai in passato si sia assegnata l'analisi di autori ancora viventi come Magris, che di certo non si possono studiare nella nostra scuola.
Sì, però la scelta delle tracce non è secondaria. Vediamole le tracce di oggi: la prima, quella di analisi di una poesia di Quasimodo, aveva nel testo da analizzare delle implicazioni filosofiche che tagliavano fuori tutti gli studenti che non studiano filosofia, come quelli dei tecnici e dei professionali; la seconda, quella di analisi di un brano da Gli indifferenti di Moravia, trattava sì un periodo studiato bene o male da tutte le classi, gli anni '30 del Novecento, ma un taglio privato, guai a fornire elementi per discutere davvero di cosa sia stata l'Italia di quegli anni. Si potrebbe dire tuttavia che queste tracce siano state più o meno nella norma: a volte ne abbiamo viste di migliori, ma anche di molto peggiori. Certo, la normativa dice che le tracce dovrebbero coprire l'intero arco temporale che va dall'unità d'Italia ad oggi, mentre qui si coprono a stento trent'anni, ma vabbè.
Poi arrivano i primi, grandi, segnali. La traccia di analisi e produzione di un testo argomentativo tratta da un libro di Piero Angela pecca nella scelta del passo: fuori contesto non risulta immediatamente chiaro dove voglia andare a parare, propone un'idea di sviluppo esclusivamente legato alla produzione. Comunque interessante il concetto di distruzione creativa in economia (in realtà non recentissimo, e non per forza confermato dai fatti). Comunque la traccia migliore della giornata. Poi arrivano il concetto di nazione nell'Ottocento (ma come, in quinta non dovevamo parlare solo di Novecento?) e Oriana Fallaci e il suo rapporto con la storia: tutte tracce chiaramente ispirate a temi e idee dettate da una certa visione ideologica, anche solo nel modo in cui si sono tratti i brani dalle opere di partenza o nella scelta degli autori (vero che poi, a leggerla, la traccia di Fallaci non consente sbocchi reazionari, mentre nella traccia sull'idea di nazione, è più la richiesta della consegna a condurre verso una visione ideologica che il testo di Chabod fornito in sé).
Ed ecco l'orrore. La traccia in cui viene proposta una lettera che contesta l'operato dell'ex ministro Bianchi. Prima cosa, formale: la lettera a Bianchi era citata male, senza neanche indicare chi fossero i firmatari dell'appello. Errore da principianti da parte di chi dovrebbe valutare i ragazzi sulla tecnica dell'argomentazione.
Seconda cosa, di sostanza: c'erano tanti modi per chiedere agli studenti di riflettere sul valore dell'esame di Stato, e il 99,9% di questi non passava dall'uso di una lettera disinformata e pedagogicamente infondata, utile solo a tirare i maturandi dentro una polemica tutta politica e ideologica.
Segue la traccia su WhatsApp e la perdita del "tempo dell'attesa", della noia. Anche in questo caso, il rischio del banale moralismo è dietro l'angolo: solo gli alunni che studiano psicologia, quelli del liceo delle scienze umane, possono scrivere qualcosa di ragionevolmente argomentato, gli altri ad andar bene scimmiotteranno Gramellini. È quello che vogliamo? Dei temi su quanto si stava meglio quando si stava peggio, o tempora, o mores?
Insomma, ho provato imbarazzo di fronte ai miei alunni per le tracce su cui hanno dovuto lavorare. Banale moralismo, i fondamenti della tradizione, poco altro. Niente sui diritti civili, niente su temi che hanno sentito molto più vicini, niente sul cambiamento climatico, sulla guerra in corso, sulle migrazioni, sull'inclusione, nulla. Stando alle tracce non esiste alcuna questione riguardante i diritti. Anche negli anni passati abbiamo visto delle tracce di chiaro indirizzo politico, ma mai un simile sbilanciamento. Non è indifferente: quanti docenti l'anno prossimo sceglieranno di approfondire tematiche che seguano questo indirizzo ideologico per evitare che i propri studenti arrivino disarmati al prossimo esame?
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